La fortuna costa il doppio: dal 1° ottobre è aumentata la “tassa sulla fortuna”. Il legislatore ha però perso - colpevolmente - un’occasione, quella di riordinare e semplificare la disciplina sulle vincite da giochi. Una disciplina che resta tuttora priva di organicità, soggetta a continue misure di aggiustamento, con l’unica evidente finalità di incrementare le entrate erariali. Senza nemmeno considerare che la materia si presta anche ad altre valutazioni che riguardano il risvolto etico-sociale, con ricadute che attengono all’ambito della dipendenza dal gioco e a profili di politica criminale.
Dal 1° ottobre 2017 è entrato in vigore l’aumento del prelievo erariale unico (PREU), disposto dalla Manovra correttiva 2017. Si chiama, nel gergo corrente, “tassa sulla fortuna” ed è un prelievo che viene applicato allorquando viene realizzata una vincita al gioco, tuttavia con aliquote diverse a seconda della tipologia del gioco.
Il legislatore ha perso però l’occasione per riordinare razionalmente e semplificare la disciplina sulle vincite da giochi, che continua così a rimanere priva di organicità, soggetta a continue misure di aggiustamento, con l’unica evidente finalità di incrementare le entrate erariali. Neppure sembra considerare che la materia si presta ad altre valutazioni che riguardano anche il risvolto etico-sociale con ricadute che attengono all’ambito della dipendenza dal gioco da parte di incalliti giocatori e a profili di politica criminale per quel che attiene ai rischi di riciclaggio e di infiltrazione della criminalità organizzata.
Eppure l’Esecutivo ha recentemente avuto l’occasione, propiziata dall’art. 14 della legge n. 23/2014, per esercitare la delega per il “riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, riordinando tutte le norme in vigore in un codice delle disposizioni sui giochi”.
Un obiettivo forse troppo ambizioso o pretenzioso quello di redigere addirittura un “Codice sui giochi”, che, ben più che per la materia fiscale, deve avere spaventato i vari attori per le necessità di coordinamento tra le diverse amministrazioni, le Regioni ed i Comuni, probabilmente poco inclini a cimentarsi in tale esercizio. Eppure il Ministero dell’Economia e delle finanze aveva predisposto uno schema di decreto legislativo attuativo della delega fiscale, col quale intendeva utilizzare il Codice dei giochi per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, oltre che per contrastare la criminalità organizzata e salvaguardare i minori ed i soggetti più deboli, regolamentando nel contempo la materia fiscale del settore.
Nessuno ha però sentito il dovere di scusarsi per questa rinuncia, che è uno sberleffo al parlamento che ha concesso la delega.
Permane perciò nel nostro ordinamento un mosaico normativo con ampie “pezze a colore” di tipo arlecchinesco costituito da disposizioni sparse che si rincorrono e richiamano e lasciano irrisolte, tra l’altro, alcune problematiche come quella della natura tributaria dei proventi del gioco del lotto, affermata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 334/2006, ma ancora in discussione e quella della giurisdizione del giudice ordinario in materia di sanzioni, affermata invece dalla Corte di Cassazione.
È bene ricordare che il PREU è un tributo che ha carattere omnicomprensivo di qualsiasi imposizione, assimilabile ad una forma anomala di imposta sostitutiva. Esso non considera quale soggetto passivo il giocatore-vincitore, che risulta essere solo la parte incisa per effetto della traslazione economica del tributo sostenuto dall’organizzatore, ma è imperniato sul sistema dell’organizzatore del gioco. Considerato il criterio di ripartizione dei proventi delle giocate, tra quanto destinato ai giocatori e la parte costituita dal tributo e dai compensi dei soggetti coinvolti nell’organizzazione, risulta comprensibile l’inesistenza della rivalsa nel contesto che vede inquadrato il fenomeno nell’ambito della disciplina del monopolio dei giochi e delle scommesse (denominata, appunto, prelievo erariale unico), che evoca una… tombolata.
Non sono state affrontate e risolte, inoltre, le questioni che si pongono per effetto della sempre più estesa transnazionalità e dell’utilizzazione strumentale di meccanismi telematici di svolgimento dei giochi e di erogazione delle vincite, che possono dar luogo a sottrazione illecita di prelievo oppure a difficoltà di imposizione dei proventi del gioco lecito che si conseguono con gli apparecchi elettronici. Quando sono realizzate in Italia le vincite sono però sottratte all’imposizione diretta per un particolare meccanismo di sostituzione soggettiva ed oggettiva, mentre se sono ottenute da giochi praticati in uno Stato membro dell’Unione Europea da un soggetto residente in Italia confluiscono nel reddito complessivo e sono soggette ad imposizione progressiva.
Le vincite realizzate presso le case da gioco situate in Italia e nei Paesi membri dell’Unione Europea non concorrono, al contrario, a formare tale reddito. La distonia, anzi la confusione, segnalata non sembra giustificabile se si considera che tutti codesti proventi provengono sempre dal gioco d’azzardo.
Sulla tassazione dei giochi, soprattutto quelli a distanza, è intervenuto anche l’OCSE allo scopo di evitare che i relativi proventi sfuggissero a tassazione. Relativamente alla tassazione dei giochi on line, però, rimane aperta, oltre alla complessità della disciplina, l’incertezza relativa alla localizzazione del reddito prodotto dai bookmakers o dai gestori dei giochi stranieri, considerato che il radicamento fiscale in territori esteri deborda spesso in paradisi fiscali.
La normativa nazionale sui giochi presenta anche non pochi elementi di criticità in ordine alla compatibilità con l’ordinamento comunitario, in particolare per il sistema delle vincite ottenute con le slot machine situate negli Stati membri, avuto riguardo alla restrizione discriminatoria della libera prestazione di servizi.
Un ulteriore fattore di criticità normativa col diritto comunitario riguarda il trattamento tributario delle vincite conseguite mediante gli apparecchi elettronici di gioco lecito e quello delle vincite presso le case da gioco. La già segnalata mancata attuazione della delega fiscale ha impedito, tra l’altro, di procedere al “riordino [...] effettuato nel rispetto [...] dei più recenti principi, anche di fonte giurisprudenziale, stabiliti al livello dell’Unione Europea”, che avrebbe permesso di superare il contrasto segnalato.
Con l’art. 6 del D.L. n. 50/2017, applicabile dal 1° ottobre 2017, sono stati previsti due aumenti, il primo dei quali porta all’8% la percentuale unica sul gioco del Lotto, finora prevista nel 6%, allo scopo, sembra, di armonizzare la misura del prelievo sulle vincite di tale gioco a quella applicata per altri tipi di gioco.
Il secondo incremento è stato applicato alle vincite relative agli apparecchi VLT, che sono videoterminali denominati “Videolotteries”, disciplinati dall’art. 110, comma 6, lettera b), TULPS, per le quali il prelievo sulla parte della vincita eccedente 500 euro è stato raddoppiato dal 6 al 12%. L’aumento si applica anche al Gratta e Vinci e ai giochi, pure se a distanza, relativi alle lotterie nazionali ad estrazione istantanea, al Win for life, mentre per la versione Gold, ossia per le vincite di 10.000 euro al mese, la tassa mensile da pagare è di 600 euro, al Videolottery, al Vinci Tutto Superenalotto, all’Enalotto e Superstar.
Restano escluse dalla tassazione le scommesse, poker e casinò online, il bingo e le slot machines; per quest’ultimo gioco la vincita non può mai superare però 100 euro.
Il maggiore gettito previsto dagli aumenti appena scattati ammonta a 36 milioni nel 2017 e a 322 milioni di euro annui nel triennio, così che nelle casse dello Stato dovrebbe in tale periodo entrare oltre 1 miliardo di euro, ma la propensione degli italiani al gioco non demorde.
Il copione allegro dei giochi è ancora però un canovaccio pieno di buchi e refusi.
Ma una cosa è certa: chi vince fa godere il fisco e chi perde l’organizzazione del gioco!
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