Fisco L’ultimo deposito della Cassazione

Per disconoscere il credito di imposta non basta la sola cartella di pagamento

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Con l’ordinanza n. 5785, depositata in data 9 marzo 2018, la Corte di Cassazione ha ribadito che non è sufficiente l’emissione di una cartella di pagamento per il recupero di un credito d’imposta vantato dal contribuente e disconosciuto dall’Ufficio. In tali casi è necessario un apposito avviso di recupero del credito o quantomeno la notifica di un avviso bonario: si tratta infatti di attività che comporta una preventiva verifica e delle valutazioni giuridiche che escludono che l’Ufficio possa far ricorso alla procedura del mero controllo cartolare automatizzato.
Ad una S.r.l. veniva notificata una cartella di pagamento con la quale si richiedeva un ingente importo corrispondente ad un credito d’imposta vantato dalla società. In sintesi l’Agenzia delle Entrate non aveva riconosciuto quest’ultimo e quindi il diritto al rimborso IVA della contribuente.
L’atto veniva impugnato e successivamente annullato dalla CTP, con decisione confermata dalla CTR, la quale evidenziava l’assenza di un avviso bonario che doveva precedere la cartella poi impugnata. In particolare il giudice d’appello rilevava la necessità dell’instaurazione di un preventivo contraddittorio in casi, come nella specie, nei quali l’Ufficio riscontri errori od incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, venendo conseguentemente richiesta una somma diversa da quella dichiarata.
L’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza di secondo grado lamentando l’errore dei giudici di merito in quanto non ci sarebbero state incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione della società.

La decisione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5785, depositata il 9 marzo 2018, ha rigettato le domande dell’Ufficio, condannato anche alle spese di lite.
La normativa di riferimento (art. 54-bis, D.P.R. n. 600/1973) riconosce all’Amministrazione finanziaria la possibilità di correggere errori materiali o di calcolo commessi dal dichiarante, nonché di controllare la tempestività dei versamenti d’imposta e la loro coerenza con le risultanze della dichiarazione annuale. Si tratta quindi di controlli di tipo formale a mezzo di procedure automatizzate che non contemplano verifiche sulla posizione sostanziale del contribuente: ne consegue che l’Ufficio può procedere con tale modalità a fronte di errori sanabili e/o facilmente riconoscibili, senza necessità di attività ulteriore per la loro individuazione.
Da contro, prosegue la Suprema Corte, non è possibile procedere in tal modo se devono risolversi questioni giuridiche. In particolare non può essere ricondotto al mero controllo cartolare il mancato riconoscimento di un rimborso Iva, in quanto lo stesso comporta verifiche e valutazioni che necessitano dell’emissione di un apposito e motivato avviso di rettifica. Non è pertanto sufficiente la notifica di una cartella di pagamento avente ad oggetto l’importo corrispondente al disconoscimento del credito d’imposta vantato dal contribuente: nella specie era dunque necessario un avviso di recupero o, quantomeno, l’invio di un avviso bonario, come correttamente rilevato dalla CTR.
A cura della Redazione

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Corte di Cassazione, sez. trib., ordinanza 09/03/2018, n. 5785
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