Fisco La sentenza della Corte di Giustizia UE

L'attività svolta dopo l'avvio del fallimento ha natura economica. Quali effetti sull’Iva?

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A seguito della dichiarazione di fallimento l’attività economica non cessa, anche se le operazioni effettuate successivamente all’avvio della procedura concorsuale risultano esclusivamente finalizzate a liquidare gli attivi a beneficio dei creditori. Pertanto, in considerazione della natura economica dell’attività svolta nel corso della procedura, non deve essere rettificata l’IVA detratta sugli acquisti di beni e servizi acquistati anteriormente alla dichiarazione di fallimento stessa. E’ quanto stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con la decisione resa nella causa C-182/20 del 3 giugno 2021. Quali sono le ragioni e le motivazioni di carattere fiscale illustrate dai giudici comunitari per sostenere l’orientamento adottato?
Con la decisione resa nella causa C-182/20 del 3 giugno 2021, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che l’attività economica non cessa a seguito della dichiarazione di fallimento, anche se le operazioni effettuate successivamente all’avvio della procedura concorsuale risultano esclusivamente finalizzate a liquidare gli attivi a beneficio dei creditori.
Pertanto, in considerazione della natura economica dell’attività svolta nel corso della procedura, non deve essere rettificata l’IVA detratta sugli acquisti di beni e servizi acquistati anteriormente alla dichiarazione di fallimento stessa.
Il dubbio interpretativo risolto dalla Corte europea con la pronuncia in rassegna è relativo alla natura dell’attività svolta dall’operatore economico che sia stato dichiarato fallito, dovendosi stabilire se le operazioni effettuate successivamente all’avvio della procedura concorsuale, dirette a liquidare gli attivi a beneficio dei creditori, rivestano carattere economico, legittimando l’esercizio della detrazione dell’imposta assolta sui beni e servizi acquistati prima dell’apertura del fallimento.

Descrizione del caso

Nella fattispecie in esame, una società rumena, dopo essere dichiarata fallita nell’anno 2015, è stata sottoposta ad una verifica fiscale che si è conclusa con la notifica, nei suoi confronti, di un avviso di accertamento volto al recupero dell’IVA detratta negli anni 2013 e 2014, durante i quali la società, in qualità di soggetto passivo d’imposta, esercitava un’attività economica.
Per le Autorità fiscali, la società avrebbe cessato l’esercizio dell’attività economica al momento della dichiarazione di fallimento, dato che quest’ultima dà luogo ad una procedura di liquidazione e di vendita dei beni diretta al rimborso dei debiti, che deve ritenersi priva di finalità economica ancorché la vendita effettuata nell’ambito della procedura fallimentare sia soggetta ad imposta.
La questione che si pone è se il diritto dell’Unione consenta di qualificare le operazioni effettuate nel corso della procedura fallimentare come non aventi finalità economica, cosicché l’avvio della procedura obbligherebbe l’operatore economico a rettificare in favore dello Stato l’IVA detratta relativa alle operazioni anteriori alla dichiarazione di fallimento. E questo nonostante l’operatore abbia conservato, in pendenza della procedura concorsuale, la qualità di soggetto passivo e la vendita dei beni nell’ambito del fallimento sia stata assoggettata ad imposta.
Laddove, poi, la Corte dovesse ritenere che la rettifica della detrazione sia legittima e compatibile con il diritto dell’Unione, il giudice del rinvio ritiene altresì necessario chiarire se un siffatto “modus operandi” sia proporzionato allo scopo perseguito.

Orientamento dei giudici comunitari

Come sopra rilevato, l’aspetto controverso è se l’attività economica cessi a seguito della dichiarazione di fallimento, avendo quest’ultima come conseguenza, in base al diritto nazionale, che le operazioni effettuate successivamente all’avvio della procedura concorsuale sono esclusivamente finalizzate a liquidare gli attivi a beneficio dei creditori.
Nell’esaminare la questione, la Corte ha osservato che solo le attività aventi carattere economico sono soggette a IVA, in linea con l’art. 2, par. 1, lett. a), della Direttiva n. 2006/112/CE, che considera imponibili le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.
Pertanto, se risultasse che, a partire dall’avvio della procedura fallimentare, non può più essere svolta alcuna attività economica, da detto momento non potrebbero neppure più essere effettuate operazioni imponibili idonee a consentire l’esercizio della detrazione, con il conseguente obbligo, da parte del debitore fallito, di rettificare la detrazione già operata, in applicazione degli artt. da 184 a 186 della Direttiva n. 2006/112/CE.
L’art. 9, par. 1, primo comma, della Direttiva n. 2006/112/CE definisce la soggettività passiva d’imposta in funzione dell’esercizio, in modo autonomo, di un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati della medesima.
Ad avviso della Corte, siccome l’attività deve essere considerata di per sé, indipendentemente dagli scopi perseguiti o dai risultati raggiunti, la mera circostanza che l’avvio di una procedura fallimentare nei confronti di un soggetto passivo modifichi, in virtù delle modalità previste dal diritto nazionale, la finalità delle operazioni attive, che non comprendono più la gestione corrente dell’impresa, ma riguardano unicamente la sua liquidazione ai fini dell’estinzione dei debiti seguita dal suo scioglimento, non può, di per sé, incidere sulla natura economica delle operazioni effettuate.

Le motivazioni e il dispositivo

Si tratta di un’interpretazione giustificata anche dal principio di neutralità fiscale, il quale impedisce che due operazioni identiche o simili dal punto di vista del consumatore, e che sono quindi in concorrenza tra loro, siano trattate diversamente dal punto di vista dell’IVA.
Sotto questo profilo, finché l’impresa continua ad esercitare la propria attività durante la procedura fallimentare, essa è in concorrenza con altri soggetti passivi che forniscono prestazioni analoghe alle proprie, cosicché le prestazioni di cui trattasi devono essere trattate nello stesso modo ai fini dell’IVA.
Nel caso di specie, inoltre, la società ha continuato, nel corso del fallimento, ad essere registrata come soggetto passivo e le Autorità tributarie hanno assoggettato ad imposta le operazioni effettuate nell’ambito della procedura, il che conferma che la società ha effettivamente proseguito l’attività economica e ha compiuto operazioni imponibili dopo essere stata dichiarata fallita.
Nelle circostanze descritte, conclude la Corte, non si può supporre che l’avvio della procedura fallimentare abbia interrotto la relazione stretta e diretta tra il diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte e l’utilizzo dei relativi beni e servizi per effettuare, a valle, operazioni soggette ad imposta.
In definitiva, gli artt. da 184 a 186 della Direttiva n. 2006/112/CE “ostano a una normativa o a una prassi nazionale secondo la quale l’avvio di una procedura fallimentare nei confronti di un operatore economico, con conseguente liquidazione dei suoi attivi a beneficio dei suoi creditori, comporta automaticamente l’obbligo per tale operatore di rettificare le detrazioni dell’IVA che egli ha effettuato per beni e servizi acquistati anteriormente alla dichiarazione del suo fallimento, quando l’avvio di una tale procedura non è idoneo a impedire il proseguimento dell’attività economica di detto operatore, ai sensi dell’articolo 9 della direttiva succitata, in particolare ai fini della liquidazione dell’impresa interessata”.

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