Lavoro e Previdenza Adempimenti in scadenza

Fondi pensione: entro il 31 dicembre la comunicazione dei contributi non dedotti

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Entro il 31 dicembre prossimo occorre comunicare al fondo pensione complementare l’importo degli eventuali contributi non dedotti nel 2020. Non è prevista una modalità univoca per la comunicazione dei contributi non dedotti, per cui l’informativa può essere resa con modalità libera. Va per considerato che i fondi pensione e i piani individuali di previdenza a matrice assicurativa spesso allegano alle informative periodiche annuali inviate entro fine marzo un facsimile che può essere utilizzato a tal fine. Come si articola il sistema di tassazione dei rendimenti e delle prestazioni del fondo pensione?
Nell’agenda del “to do” di fine anno è importante ricordarsi di comunicare alla forma pensionistica complementare alla quale si sia iscritti l’importo degli eventuali contributi non dedotti nel 2020. Potrebbe essere il caso di versamenti eccedenti il limite di deducibilità annuale in un singolo fondo pensione o, fenomeno di rilievo come sottolineato nell’ultima Relazione annuale della COVIP, il caso di iscritti con posizioni multiple, vale a dire con più posizioni aperte in differenti forme pensionistiche (a fine 2020 gli iscritti con posizioni multiple erano 826.119 di cui 706.035 versanti, vi sono poi ben 197.218 iscritti con posizioni almeno triple). Va poi comunicato l’importo dell’eventuale premio di risultato conferito a previdenza complementare come contribuzione aggiuntiva.
Occorre ottemperare all’adempimento entro il termine perentorio del 31 dicembre. La normativa non prevede una modalità individuata e univoca per comunicare i contributi non dedotti, per cui l’informativa relativa ai contributi non dedotti può essere fornita con modalità libera anche se va opportunamente evidenziato come i fondi pensione e i piani individuali di previdenza a matrice assicurativa spesso allegano alle informative periodiche annuali inviate entro fine marzo un facsimile che può essere utilizzato a tal fine.

Previdenza complementare e tassazione dei rendimenti

È utile ripercorrere in breve la disciplina fiscale del risparmio previdenziale, che, essendo risparmio finalizzato al soddisfacimento di un bisogno a rilevanza sociale, gode di un particolare “favor” da parte del legislatore. Per cogliere la dinamica tributaria va ricordato in termini di funzionamento come nel meccanismo della previdenza complementare l’iscritto versa i contributi al fondo pensione (fase di contribuzione), questi vengono investiti in attività mobiliari e/o immobiliari, e maturano un rendimento (fase di maturazione del rendimento). I contributi e i rendimenti vanno poi a formare in una logica di capitalizzazione la prestazione che la forma pensionistica erogherà all’iscritto al momento del pensionamento (fase dell’erogazione delle prestazioni).
Dal punto di vista fiscale, lo schema adottato nel nostro Paese è del tipo ETT: Esenzione in fase di contribuzione-Tassazione dei rendimenti-Tassazione delle prestazioni.
Per avere una visione di insieme internazionale, così come sottolineato più volte dall’ADEPP nei propri Rapporti annuali sulla previdenza privata, la maggior parte degli Stati membri dell’Unione Europea (precisamente 17 su 24) hanno adottato il modello EET, solo tre Stati, tra i quali l’Italia, hanno adottato il modello ETT, mentre due Stati hanno scelto il modello TTE. Tale differenza “italiana” potrebbe essere oggetto di riflessione nella “fase 2” della riforma delle pensioni che è stata annunciata dal Governo dopo la legge di Bilancio previo opportuno confronto con le forze politiche e le parti sociali. Fortemente auspicata è infatti da parte degli operatori e delle Associazioni di categoria un’armonizzazione fiscale con gli altri Paesi europei anche in vista del prossimo avvento del PEPP, il nuovo Piano pensionistico individuale paneuropeo.

Deducibilità fiscale dei contributi

Andando al concreto, nella fase di contribuzione si prevede la deducibilità dal reddito complessivo di un importo non superiore a euro 5.164,57. Sono deducibili poi, sempre entro il limite annuo di 5.164,57 euro, i contributi versati nell'interesse delle persone fiscalmente a carico.
Va ricordato che sono considerati fiscalmente a carico quei familiari il cui reddito annuale non ha superato i 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Dal 1° gennaio 2019, solo per i figli minori di 24 anni il limite è aumentato a 4.000 euro.
In un momento in cui, come sottolineato dalla Commissione Europea con lo stesso nome del Next Generation Eu e più volte ricordato dal Presidente Draghi, attenzione particolare va rivolta alle giovani generazioni, è utile poi ricordare la disposizione già presente nel nostro ordinamento rivolta ai “lavoratori di prima occupazione successiva alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 252/2005” (1° gennaio 2007), coloro cioè che non erano titolari a tale data di una posizione contributiva aperta presso un qualsiasi ente di previdenza obbligatoria. Tali soggetti, limitatamente ai primi 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, possono, nei 20 anni successivi al quinto anno di partecipazione a tali forme, dedurre dal reddito complessivo contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro pari alla differenza positiva tra l’importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente versati nei primi 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche e comunque per un importo non superiore a 2.582,29 euro. Pertanto, l’importo massimo annuale complessivamente deducibile è di 7.746,86 euro, ricorrendo le condizioni per l’incremento.

Premi di risultato convertiti in contribuzione al fondo pensione

Se i premi di risultato sono convertiti in contribuzione al fondo pensione si può dedurre oltre il limite dei 5.164,57 euro e, peculiarità assoluta, le somme relative non sono tassate neanche in fase di prestazione (è questo il motivo per cui il relativo importo va comunicato entro il 31 dicembre dell’anno successivo alla propria forma pensionistica complementare).

Tassazione di rendimenti e prestazione

I rendimenti dei fondi pensione/PIP sono poi tassati annualmente con aliquota del 20% o del 12,50% per la parte relativa agli investimenti nei titoli di Stato. Per quel che riguarda la fase della prestazione, si applica una tassazione sostitutiva con aliquota del 15% riducibile fino al 9% in base al periodo di partecipazione alla forma pensionistica complementare. I riscatti che derivano da cessazione dell'attività lavorativa sono tassati al 23%.
Nei casi di riscatto per inoccupazione di durata non inferiore a 12 mesi, mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria/straordinaria e invalidità, si applica un'aliquota agevolata che varia tra il 15% e il 9% in base al numero di anni di partecipazione alla previdenza complementare.
In caso di RITA, l’intero montante destinato all’erogazione della rendita integrativa temporanea anticipata è soggetto a tassazione sostitutiva con aliquota del 15 o 9%.
Quello che va sottolineato, ed è la ratio su cui si basa l’onere della comunicazione dei contributi non dedotti e del premio di risultato, è il principio del nostro ordinamento tributario della “unicità della tassazione”, per cui se si deduce si risparmia in termini fiscali “nel durante” e si sarà tassati in sede di prestazione, nel caso in cui si goda nell’immediato della deducibilità, si può, previa informativa da perfezionarsi entro il 31 dicembre dell’anno successivo al versamento al fondo pensione, essere esenti al momento del pensionamento. Nella stessa logica non sono soggette a prelievo in fase di tassazione della prestazione neanche la quota riconducibile ai rendimenti, già tassati anno per anno in base all’aliquota del 20% né le quote riconducibili al conferimento dei premi di risultato, per cui, in eccezione rispetto alle regole generali, si prevede, come già evidenziato, la completa esenzione sia in fase di versamento sia in fase di prestazione.

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