Nel parere sulla proposta di direttiva della Commissione europea recante norme ad hoc per prevenire l'uso improprio di entità di comodo a fini fiscali, il Comitato economico e sociale europeo invita a prestare particolare attenzione al ruolo dei "professionisti facilitatori". Secondo il CESE, la regolamentazione della loro attività merita una normativa a parte, in linea con i criteri stabiliti dall'OCSE, che - descritte le categorie professionali cui appartengono alcuni professionisti che gestiscono "catene" di società di comodo o collaborano con esse - ritiene essenziale concentrarsi sul fenomeno di questi "professionisti facilitatori" al fine di contrastare le attività criminose delle imprese costituite a fini illeciti, tra cui l'evasione fiscale.
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha emesso un parere sulla
proposta di direttiva della Commissione europea recante norme
ad hoc per prevenire l'uso improprio di
entità di comodo a fini fiscali, nota anche come ATAD 3, pubblicata il 21 dicembre 2021.
L'obiettivo di tale direttiva è identificare alcune strutture create per scopi fiscali impropri. Si tratta di società “di comodo”, spesso utilizzate per la pianificazione fiscale aggressiva o per scopi di evasione fiscale.
Come? Le imprese possono indirizzare i flussi finanziari attraverso queste entità, o società scudo, verso giurisdizioni a bassa o zero-tassazione, o dove le tasse possono essere facilmente aggirate. Allo stesso modo, alcuni individui possono utilizzare questi schemi anche per proteggere propri beni - in particolare, gli immobili - dalle tasse, sia nel loro Paese di residenza che nel Paese in cui si trova la proprietà. Come nuovo strumento del pacchetto antielusione fiscale dell'UE, la proposta di direttiva ATAD 3 prevede diverse fasi di filtraggio allo scopo di identificare le società "di comodo", tra cui un test di sostanza che identifica le imprese prive di un profilo economico o di business ritenuto sufficiente per giustificarne l’esistenza.
Al riguardo, il Comitato economico e sociale europeo esprime una serie di pareri generali e di raccomandazioni più specifiche, utili a fissare lo schema della norma. In particolare, più spazio alla certezza fiscale, ma senza eccedere nella produzione normativa, e maggior rilievo ai “professionisti facilitatori”, agli intermediari, seguendo il tracciato OCSE.
Ripercussioni sulle shell companies
Rilevanti le conseguenze per le aziende che non superano la valutazione di filtraggio. Se una società è considerata “di comodo”, infatti, non sarà in grado di accedere agli sgravi fiscali e ai benefici della rete di trattati fiscali del suo Stato membro e/o di beneficiare del trattamento ai sensi delle direttive sulle società madri e figlie e sugli interessi e sui canoni. Per facilitare l'attuazione di tali conseguenze, lo Stato membro di residenza della società negherà alla società di comodo un certificato di residenza fiscale o il certificato specificherà che la società è una società di comodo.
Inoltre, i pagamenti verso Paesi terzi non saranno trattati come fluire attraverso l'entità di comodo e saranno soggetti a ritenuta alla fonte. Di conseguenza, i pagamenti in entrata saranno tassati nello Stato dell'azionista della shell. Conseguenze rilevanti si applicheranno alle aziende-scudo che possiedono beni immobili per uso privato di individui facoltosi e che di conseguenza non hanno flussi di reddito. Tali beni saranno tassati dallo Stato in cui si trova il bene come se fosse di proprietà dell'individuo direttamente.
Le raccomandazioni del CESE
Ma passiamo in rassegna le raccomandazioni del CESE.
Dopo le osservazioni generali, il Comitato formula le seguenti conclusioni. In primo luogo, ritiene ragionevole e appropriato che il "criterio di entrata" formulato nella proposta della Commissione sia applicato sotto forma di indicatori cumulativi. A tale proposito però, il CESE osserva che le entità che detengono attivi solo per uso privato, quali beni immobili, yacht, jet, opere d'arte o capitale proprio, possono non avere alcun reddito per lunghi periodi di tempo e tuttavia trarre notevoli benefici fiscali attraverso la proprietà di tali attivi. Pertanto, il CESE ritiene che i controlli dovrebbero essere svolti non soltanto sul reddito ma anche sugli attivi, poiché su questi ultimi è possibile riscuotere imposte anche se non generano reddito, come avviene nel caso dell'imposta sul patrimonio ogniqualvolta questa sia applicabile. Inoltre, il Comitato ritiene che, per gestire correttamente tali controlli e condividere le informazioni, la Commissione dovrebbe disporre di capacità adeguate e di risorse sufficienti a tal fine.
Regole ancora troppo vaghe
Valutando certezza e chiarezza del quadro normativo, il CESE suggerisce alla Commissione di emanare orientamenti adeguati relativi al "test della sostanza" introdotto dalla proposta di direttiva, in particolare per quanto riguarda il significato di specifici termini quali "residenza", "amministratore residente" e "locali". Un tale approccio consentirebbe di ridurre o di correggere in modo più efficace le discrepanze e le interpretazioni divergenti della direttiva tra gli Stati membri potenzialmente pregiudizievoli per il mercato interno. In particolare, il CESE chiede alla Commissione di prendere debitamente in considerazione, in tale contesto, i nuovi modelli digitali di impresa.
Un risk rating sull’oltreconfine
Il CESE ritiene inoltre che l'esercizio di attività transfrontaliere da parte di un'impresa dovrebbe essere valutato con attenzione tenendo conto, da un lato, della natura effettiva delle operazioni realizzate dall'impresa e, dall'altro, dei beni e attivi di sua proprietà.
Le società con un adeguato livello di trasparenza e che non presentano un rischio reale di mancanza di sostanza economica a fini di evasione o di elusione fiscali non dovrebbero rientrare nell'ambito di applicazione della direttiva. Inoltre, il Comitato raccomanda alla Commissione di fare in modo che le disposizioni della proposta di direttiva siano compatibili con le pertinenti norme internazionali e con le norme comuni vigenti nell'Unione, e in particolare con il concetto di "attività economica sostanziale" sviluppato nel contesto di regimi fiscali preferenziali e ampiamente dibattuto nell'ambito del forum sulle pratiche fiscali dannose.
Deregolare nel rispetto delle regole
Un'altra importante questione è quella della definizione di norme comuni e chiare in merito al contenuto specifico delle dichiarazioni che le imprese sono tenute a presentare. È opportuno evitare un eccesso di comunicazioni, che va al di là degli obiettivi perseguiti dalla direttiva, e i costi di conformità che ne deriverebbero.
Il ruolo dei professionisti facilitatori
E ancora, il CESE invita caldamente a prestare particolare attenzione al ruolo dei c.d. "professionisti facilitatori", un tema che non viene neppure menzionato nella proposta di direttiva. Al riguardo, il Comitato raccomanda che le norme volte a regolamentare l'attività di questi "professionisti facilitatori" siano oggetto di una normativa a parte, in linea con i criteri stabiliti in materia dall'OCSE, dato che spesso queste figure svolgono anche un ruolo importante nell'ambito specifico delle società di comodo.
In particolare, l'OCSE descrive le categorie professionali cui appartengono alcuni professionisti che gestiscono "catene" di società di comodo o collaborano con esse, e ritiene essenziale concentrarsi sul fenomeno di questi "professionisti facilitatori" al fine di contrastare le attività criminose delle imprese costituite a fini illeciti, tra cui l'evasione fiscale. Si deve debitamente distinguere tra i professionisti che rispettano la legge e un piccolo gruppo di professionisti che si avvale delle proprie competenze nei settori del diritto tributario e della contabilità societaria per favorire attivamente pratiche connesse all'evasione e all'elusione fiscali e al riciclaggio di denaro.
Il CESE sottolinea pertanto la necessità di norme mirate a questi "professionisti facilitatori" che si adoperano attivamente per offrire ai loro clienti delle opportunità di sfruttare pratiche illecite che favoriscono reati fiscali e finanziari. In questo modo sarebbe possibile ostacolare un fattore essenziale per la commissione di abusi fiscali.
La riduzione delle possibilità di elaborare pratiche fiscali sleali rappresenta infatti una tappa fondamentale verso il conseguimento degli stessi obiettivi perseguiti dalla proposta di direttiva della Commissione.
Il CESE ritiene che sarebbe di grande aiuto ottenere la cooperazione degli organi di regolamentazione o di vigilanza delle categorie professionali interessate al fine di lottare contro le pratiche scorrette e le possibili attività criminose dei "professionisti facilitatori". Si tratterebbe di un'interessante linea di sviluppo di quel patto europeo sociale e politico per la lotta ai reati fiscali ed economici, al riciclaggio di denaro e alla corruzione invocato dal Comitato in diversi suoi pareri.
Transfer pricing e trasparenza
Il CESE suggerisce inoltre di coordinare le disposizioni della proposta di direttiva della Commissione con le norme in vigore in materia di prezzi di trasferimento, dato che il ricorso a società di comodo finalizzato all'evasione fiscale potrebbe interagire con tali pratiche in tutta l'UE e, quindi, andrebbe preso in considerazione anche sotto questo particolare aspetto. Anche in questo caso, il CESE ritiene che si debba valutare la possibilità di adottare una direttiva sui prezzi di trasferimento tra società.
Attenzione ai legami tra società extra-UE e imprese quotate
Il Comitato ritiene che l'elenco delle società che non sono soggette all'obbligo di comunicazione (art. 6, paragrafo 2, della proposta di direttiva) debba essere adeguatamente giustificato e analizzato onde garantire che le società incluse in tale elenco non beneficino di un vantaggio fiscale indebito e non siano utilizzate per eludere la legge.
Il CESE ritiene inoltre che si debba intervenire in maniera più incisiva quando una società o un'entità al di fuori dell'UE intrattiene rapporti commerciali con una società o un'entità quotata in borsa nell'UE. Occorre capire quali azioni possano essere intraprese per le società o le entità quotate nell'UE al fine di verificare che i fondi o gli attivi che vengono gestiti non provengano da un'entità "di comodo" situata al di fuori dell'Unione.
Nella direttiva manca il riferimento al digitale
Il Comitato esprime preoccupazione per il fatto che i requisiti di sostanza non affrontano l'aspetto digitale e prevedono solo l'importanza dei beni materiali, il che potrebbe causare problemi in futuro. Inoltre, le entità Shell Companies possono essere utilizzate non solo per l'evasione e l'elusione fiscale, ma anche per commettere reati come il riciclaggio di denaro. Di conseguenza, il coordinamento della legislazione e delle diverse autorità di vigilanza incaricate di combattere questi reati sarebbe di grande importanza. Il collegamento di questi due aspetti, le entità di comodo e gli aspetti antiriciclaggio, deve quindi essere affrontato nella proposta di direttiva anche promuovendo una legge quadro europea.
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