L’obiettivo della creazione di valore per le imprese è diventato, ormai, parametro non solo per la misurazione della responsabilità sociale, ma una vera e propria guida agli investimenti. Continuare ad agire senza questa consapevolezza vuol dire rendere in-sostenibile il proprio business. Sostenibilità non vuol dire soltanto produrre in modo green, ma guardare anche (e forse, soprattutto) al proprio business, partendo dal livello di comunicazione interno e dall’engagement di coloro che tutti i giorni portano avanti l’attività d’impresa, identificando gli ambiti in cui vi è maggiore forza e quelli che registrano, invece, maggior debolezza in termini di reputazione interna. Perché saranno proprio questi gli ambiti in cui anche la reputazione esterna dovrà essere rafforzata. Solo così l’impresa sostenibile potrà diventare modello responsabile di innovazione etica e sociale. La sfida è lanciata. Sapremo vincerla?
Sostenibilità. Parola usata e abusata in questi ultimi due anni, quasi a voler sottolineare che lo sviluppo e la crescita cui ci eravamo abituati a partire dal dopoguerra fossero lineari e infiniti ed improvvisamente abbiano subito una battuta d’arresto. Arresto avvenuto in concomitanza con l’insorgere di un evento tanto improvviso, quanto esteso e destabilizzante, da farci aprire gli occhi su un modello economico che iniziava a presentare qualche crepa.
In realtà non è così, considerato che già da alcuni anni l’obiettivo della creazione di valore (diversamente dal profitto per gli azionisti) è divenuto parametro non solo per la misurazione della responsabilità sociale di un’impresa, ma vera e propria guida agli investimenti. La pandemia ci ha messo dinnanzi ad una consapevolezza, nuova per molti e già attuale per quelli più lungimiranti: non può esistere una crescita infinita in un mondo finito (De Masi). Continuare ad agire - in termini di impresa - senza questa consapevolezza vuol dire oggi - più che mai dopo l’esperienza della pandemia - rendere in-sostenibile il proprio business, perché ancorato ad un modello organizzativo non solo rigido, ma cieco davanti alle molteplici sollecitazioni del contesto in continuo mutamento in cui ogni impresa è chiamata ad operare e sordo davanti alle richieste delle nuove generazioni.
Contesto fatto non solo di materie prime, risorse, forza lavoro, regole e profitto come era negli anni ’70 (Friedman), ma soprattutto di persone, ossia di chi opera all’interno dell’azienda e di chi abita le comunità e i territori dove l’azienda svolge la propria attività. Si tratta di quell’approccio multi-stakeholder che sta iniziando ad influenzare il rinnovamento dei modelli di business, centrandoli sulle persone e sull’innovazione sociale e ponendo sullo stesso piano - in termini di reputazione - coloro che operano all’interno dell’azienda e le comunità e i territori di riferimento.
Come affermato da alcuni più recenti lavori (Polman) non si può pensare di cambiare il posizionamento di un’azienda nei confronti dei clienti, se prima non si sia affrontato il tema della reputazione dall’interno dell’organizzazione. Sostenibilità non vuol dire soltanto - come si potrebbe pensare - produrre in modo green ed essere attenti a non sprecare risorse e materie prime, ma guardare anche (e forse, soprattutto) al proprio business, partendo dal livello di comunicazione interno e dall’engagement di coloro che tutti i giorni portano avanti l’attività di un’impresa, identificando gli ambiti in cui vi è maggiore forza e quelli che registrano, invece, maggior debolezza in termini di reputazione interna. Perché saranno proprio questi gli ambiti in cui anche la reputazione esterna dovrà essere rafforzata. Soprattutto a beneficio delle future generazioni, come messo in evidenza già alla fine degli anni ’80 nel rapporto della Commissione ONU Our Common Future: “lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”.
Ritengo che parlare oggi di sostenibilità per un’impresa voglia dire molte cose, ma che il suo significato più profondo sia legato proprio all’importanza di questi obiettivi, portando la responsabilità sociale al centro del proprio business, passando per salute, sicurezza, ambiente e benessere organizzativo. Perché agire responsabilmente significa avere riguardo a tutti questi elementi e coltivare, quindi, anche il benessere della comunità e dell’ecosistema (locale e/o nazionale) di riferimento, con investimenti trasparenti e azioni concrete, guidate dalla consapevolezza del proprio ruolo nel contesto locale e globale. Quello che è stato fatto negli ultimi anni grazie alla lungimiranza e all’umiltà messe in campo da molti CEO di grandi e piccole aziende, (è persino troppo facile ricordare oggi Leonardo del Vecchio con la sua e nostra Luxottica) anche attraverso la rinuncia ai modelli gerarchici, a favore di modelli organizzativi più flessibili e per questo più idonei a gestire gli sconvolgimenti e le incertezze ai quali siamo e saremo sempre più soggetti. Quello che viene definito dagli studiosi di organizzazione il mondo VUCA ossia Volatile, Incerto, Complesso e Ambiguo (Volatility, Uncertainty, Complexity & Ambiguity).
Sostenibilità vuol dire in sostanza, per l’impresa di oggi, trovare il giusto punto di equilibrio tra profitto e benessere, inteso quest’ultimo come attenzione alle persone e al territorio e comunità di riferimento, ma con un occhio sempre proiettato in avanti. Si parla in questi casi di “visione intergenerazionale dello sviluppo”.
Quel più alto principio di libertà di iniziativa economica che anche il nuovo testo dell’art. 41 Cost. porta con sé, quando individua quali limiti di rango costituzionale a tale fondamentale libertà, ponendoli sullo stesso piano, la tutela tanto della salute quanto dell’ambiente.
Solo così l’impresa sostenibile potrà divenire anche modello responsabile di innovazione etica e sociale, perché guidata da quelli che sono stati definiti i quattro pilastri della sostenibilità. Governance: responsabilità e rendicontazione; Planet: attenzione al pianeta; People: rispetto e dignità nei confronti delle persone (all’interno e all’esterno dell’azienda); Prosperity: cioè profitto non fine a se stesso.
La sfida è lanciata.
Sapremo vincerla?
Le future generazioni ce lo chiedono.
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