Lavoro e Previdenza L’Editoriale di David Trotti

In arrivo dall’UE nuovi obblighi per i datori di lavoro: sono proprio necessari?

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Con l’obiettivo di adeguarsi agli standard europei, il decreto legislativo che recepisce la direttiva UE n. 1152/2019 in materia di condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili inserisce nuovi obblighi informativi per i datori di lavoro verso il lavoratore al momento della stipula del contratto. Dati che dovranno essere tenuti aggiornati e che riguarderanno tutti i lavoratori. Si tratta di informazioni complesse e articolate, che se non tenute correttamente potrebbero portare a pesanti sanzioni dirette e indirette. Ma tutte queste informazioni sono proprio necessarie, perchè nei nostri contratti collettivi sono, in parte, già contenute? Il testo del decreto legislativo dovrebbe essere ripensato e, se ciò non fosse possibile, che almeno si introducano semplificazioni o soluzioni intermedie. Ne forniamo qualcuna…
Nel decreto legislativo che attua la direttiva (UE) 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea viene stabilito che il datore di lavoro deve comunicare ai lavoratori, per iscritto o per via telematica, una serie di dati concernenti il rapporto di lavoro (non solo di natura subordinata).
Quali sono i dati che dovranno essere forniti? Oltre al luogo di lavoro, alla sede o domicilio del datore di lavoro, all’inquadramento, al livello e alla qualifica del lavoratore, alla data inizio e alla tipologia del rapporto di lavoro, anche una serie di diritti: ricevere l’informazione erogata dal datore di lavoro e conoscere anche gli altri congedi retribuiti oltre le ferie. Ma anche essere informato della programmazione dell’orario normale di lavoro e delle condizioni relative al lavoro straordinario in caso di organizzazione in tutto o in gran parte prevedibile, nonchè sul fatto che il lavoro si svolga secondo modalità organizzative in gran parte o interamente imprevedibili e di conoscere la variabilità della programmazione del lavoro, l’eventuale esistenza di un minimo delle ore garantite e l’ammontare della loro retribuzione, le ore e i giorni in cui si deve svolgere la prestazione lavorativa e il periodo minimo di preavviso. Anche l’indicazione degli istituti previdenziali e assicurativi che ricevono i contributi versati. Queste informazioni si aggiungono e integrano quelle previste dal D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152.
La fornitura di questi dati non riguarda solo il lavoro subordinato, ma anche altri rapporti di lavoro.
Va detto, innanzitutto, che aumentare il set di informazioni da dare ai lavoratori è sicuramente un elemento di trasparenza e di salvaguardia, ma fatto nel modo indicato dal decreto legislativo potrebbe creare un appesantimento nelle attività che si troveranno a svolgere uffici del personale e intermediari.
Soprattutto perché le informazioni devono essere consegnate all’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro e prima dell’inizio dell’attività lavorativa. Nel decreto, infatti, si precisa che tali informazioni possono essere incluse nel contratto di lavoro scritto o nella copia della comunicazione telematica di instaurazione del rapporto di lavoro, e, laddove questi documenti non contengano tutte le informazioni richieste, si stabilisce di integrare l’obbligo informativo con un successivo atto scritto da consegnare al lavoratore entro 7 giorni dall’instaurazione del rapporto di lavoro. La direttiva, poi, indica anche quali siano le informazioni, non ritenute essenziali, che possono essere comunicate al lavoratore entro 30 giorni dall’inizio dell’attività lavorativa.
E’ di tutta evidenza che i dati da comunicare formeranno un documento di parecchie pagine.
La domanda che ci poniamo: tutti questi dati sono necessari sapendo che nei nostri contratti collettivi sono contenute moltissime di queste informazioni?
Si tratta di un carico di notizie complesso e articolato, con la previsione di sanzioni dirette e indirette.
Su questo tema (peraltro la direttiva ha come termine di recepimento il 1° agosto 2022), secondo chi scrive, non ci si è resi conto dell’impatto significativo che avrà sui rapporti di lavoro e sul contenzioso. Sicuramente alcuni dei dati proposti potevano essere inseriti nel set di informazioni da dare al lavoratore, ma un’altra serie di elementi dovrebbero trovare altra collocazione, perchè risultano complessi da indicare (qui speriamo ci aiuterà anche la prassi amministrativa e le circolari dell’INL), come, ad esempio, ciò che riguarda ferie e permessi.
Da un lato la direttiva obbliga ad indicare la durata del congedo per ferie (questo è semplice, auspicabile e non crea alcun problema), ma dall’altro obbliga a comunicare gli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore o, se ciò non può essere indicato all'atto dell'informazione, le modalità di determinazione e di fruizione degli stessi. Nell’ipotesi peggiore di definizione di questo insieme, ovvero tutti i congedi a cui ha diritto il lavoratore per legge e contratto, si pensi a quanti permessi retribuiti dovranno essere indicati, visto che si va da quelli relativi alla maternità, alla legge 104/92, a quelli, per esempio, per la formazione (se previsti dal CCNL) od a quelli legati a motivi personali. Pertanto, non solo il datore di lavoro dovrà “scrivere un numero significativo di pagine” con la ricognizione di tutte le tipologie legali e contrattuali, ma dovrà anche necessariamente aggiornare le informazioni non appena le stesse siano cambiate. Per non parlare poi dell’orario di lavoro, che rappresenta un puzzle di cose da “dire”, e della comunicazione delle variazioni dei dati forniti.
Un lavoro infernale che andrà ad appesantire i compiti del datore di lavoro, costringendolo ad investire in risorse che si andranno ad occupare solo di questi aspetti.
In ultimo è da sottolineare che la direttiva riguarderà tutti i lavoratori, ivi compresi quelli in organico che, infatti, potranno chiedere di ricevere le nuove informazioni. Pensate a cosa potrà accadere nelle aziende che hanno 1000 dipendenti!
Ancora più complicata sarà la gestione per le piccole aziende, dal momento che gli intermediari avranno un aggravio di lavoro significativo che dovranno necessariamente far pagare al cliente in termini di emissione della documentazione e di responsabilità correlate. Credo che tutto ciò procurerà un irrigidimento delle procedure molto forte, oltre ad un sicuro aumento dei costi per queste realtà.
Crediamo, e questo editoriale ha questo scopo, che il testo del decreto legislativo dovrebbe essere ripensato, con la consapevolezza di dover bilanciare due legittimi interessi: quello dei lavoratori di avere le informazioni e quello delle aziende di poter svolgere l’attività produttiva e di servizio senza dover replicare informazioni che possono essere facilmente reperite.
Se non può essere ripensato, almeno si introducano delle semplificazioni o delle soluzioni intermedie.
Una soluzione potrebbe essere quella di creare una sezione sul sito ANPAL che indichi, contratto collettivo per contratto collettivo, le ferie e i permessi che sono a disposizione del lavoratore per legge e per contratto.
Un’altra soluzione potrebbe essere quella di modificare le norme sul Libro Unico del Lavoro, inserendo, nella parte anagrafica, l’obbligo di indicare gli enti previdenziali per cui si debbono pagare i contributi.
Per quanto riguarda l’orario di lavoro si dovrebbe fare una differenziazione tra il lavoro subordinato e gli altri tipi di rapporto di lavoro, perché il lavoro subordinato fonda la sua esistenza sul rapporto sinallagmatico e le regole dell’orario di lavoro sono normate in maniera certosina dai contratti collettivi, a cui ci si può riferire.
Per concludere si può dire che informare il lavoratore è utile, ma non deve diventare lo scopo del rapporto di lavoro, soprattutto se reperire le informazioni è agevole!

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