Per anni ho creduto che l’elaborazione del documento di valutazione dei rischi fosse un obbligo indelegabile del datore di lavoro. Dal 18 luglio 2022 ho appreso di essere caduto in un errore interpretativo. Dalla Sez. IV della Corte di Cassazione abbiamo appreso che la Corte d’Appello era incorsa in un “vizio motivazionale che in realtà trae origine da un'erronea interpretazione della legge, la quale distingue tra valutazione dei rischi come attività di analisi, di giudizio e di disposizione e la elaborazione del documento che la rende ostensibile (come è dimostrato dalla indelegabilità della prima, ma non della seconda)”. Ma non se n’è resa conto nemmeno la legge n. 215/2021, che nel ridisciplinare la sospensione dell’attività imprenditoriale in caso di gravi violazioni antinfortunistiche non ha esitato a collocare al primo posto di questo elenco proprio un obbligo delegabile quale sarebbe la “mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi”. Non che mancassero gli argomenti a favore di questa erronea interpretazione della legge … forse erano altri tempi!
Lo ammetto. Per anni ho creduto che l’elaborazione del documento di valutazione dei rischi fosse un obbligo indelegabile del datore di lavoro.
Dal 18 luglio 2022 ho appreso di essere incorso in un errore interpretativo.
Che sia stato un errore condiviso da molti, non lo rende di per sé meno allarmante. Certo, quante volte abbiamo letto - per fare un solo esempio, in Cass. n. 24822 del 25 giugno 2021 - che il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del RSPP, ha l'obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.Lgs. n. 81/2008, all'interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati.
E quante volte abbiamo letto che il datore di lavoro, anche quando si avvale della consulenza di un RSPP, rimane titolare della posizione di garanzia, anche con riferimento alla valutazione dei rischi e alla elaborazione del DVR (tanto che la normativa di settore, mentre non prevede alcuna sanzione penale a carico del RSPP, punisce direttamente il datore di lavoro già per il solo fatto di avere omesso la valutazione dei rischi e non adottato il relativo documento). E da sempre - già, per tutte, Cass. 24 aprile 2015, n. 17119 - si usava dire che ciascun datore di lavoro è tenuto ad adempiere all’obbligo di elaborazione del documento di valutazione del rischio, e che questo reato permane per tutto il periodo in cui il datore di lavoro non ottemperi all’obbligo di elaborare il relativo documento di valutazione del rischio.
Fatto sta che il 18 luglio 2022, dalla
sentenza n. 27583 della Sez. IV (autorevolmente redatta dal Presidente del Collegio), abbiamo appreso che la Corte d’Appello era incorsa in un “vizio motivazionale che in realtà trae origine da un'erronea interpretazione della legge, la quale distingue tra
valutazione dei rischi come attività di analisi, di giudizio e di disposizione e la
elaborazione del documento che la rende ostensibile (come è dimostrato dalla indelegabilità della prima, ma non della seconda)”.
Non se n’è resa conto nemmeno la legge n. 215/2021, che nel ridisciplinare la sospensione dell’attività imprenditoriale in caso di gravi violazioni antinfortunistiche elencate nell’Allegato I del D.Lgs. n. 81/2008, non ha esitato a collocare al primo posto di questo elenco proprio un obbligo delegabile quale sarebbe la “mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi”.
Non che mancassero gli argomenti a favore di questa erronea interpretazione della legge ora messa sotto accusa dalla Suprema Corte di Cassazione. Proviamo, infatti, a mettere in fila alcune norme del TUSL:
- l’art. 16, comma 1, ammette la delega di funzioni da parte del datore di lavoro, “ove non espressamente esclusa”;
- l’art. 17, intitolato obblighi del datore di lavoro non delegabili, al comma 1, lettera a), stabilisce che il datore di lavoro non può delegare “la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'articolo 28”;
- l’art. 28, comma 2, lettera a), dispone che “il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione, deve contenere una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa”, e che “la scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l'idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione”
- l’art. 29, comma 1, prevede che “il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente;
- l’art. 55, comma 1, lettera a), punisce esclusivamente il datore di lavoro per la violazione dell'articolo 29, comma 1;
-l’art. 55, commi 3 e 4, sanziona esclusivamente il datore di lavoro che adotta il documento “in assenza degli elementi di cui all’art. 28, comma 2, lettere b), c) o d)”, e il datore di lavoro che adotta il documento “in assenza degli elementi di cui all’articolo 28, comma 2, lettere a), primo periodo, ed f)”.
Certo, anche nel caso esaminato dalla Cassazione n. 3313 del 23 gennaio 2017, gli imputati avevano eccepito il valore solo “formale” del documento di valutazione dei rischi, nel senso che la sua palese incompletezza sarebbe stata nella sostanza “sanata” per effetto dell'attività di formazione e informazione di cui i dipendenti erano stati comunque destinatari. Ma allora la Sez. IV replicò che, sebbene il concetto di valutazione dei rischi debba essere inteso in senso sostanziale e non formale, tuttavia non è condivisibile l'assunto che tende a svilire il rilievo del documento di valutazione dei rischi, a fronte di un quadro normativo inequivocabile, che impone l'adozione di uno specifico atto scritto, con contenuti precisi, allo scopo di evitare qualsiasi incertezza sul punto.
Altri tempi.
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