Fisco La circolare dell’Agenzia delle Entrate

Come opera la presunzione sulla natura reddituale delle attribuzioni di trust esteri

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Le attribuzioni effettuate da trust esteri nei confronti di beneficiari residenti nel territorio italiano sono interamente considerate reddito di capitale (e, quindi, assoggettate a tassazione in Italia per cassa), qualora non sia possibile operare una distinzione chiara tra natura reddituale e patrimoniale di quanto percepito dai beneficiari. Come confermato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 34/E/2022, la previsione è finalizzata ad assicurare l’imposizione dei redditi anche nel caso in cui il beneficiario dell’attribuzione non riceva dal trustee elementi idonei ad individuare la parte imponibile come reddito di capitale dell’attribuzione ricevuta.
Ai sensi dell’art. 45, comma 4-quater, TUIR, introdotto dall’art. 13, comma 1, lettera b), D.L. n. 124/2019, le attribuzioni effettuate da trust esteri nei confronti di beneficiari residenti nel territorio dello Stato italiano sono interamente considerate reddito di capitale (e, quindi, assoggettate a tassazione in Italia per cassa), qualora non sia possibile operare una distinzione chiara tra natura reddituale e patrimoniale di quanto percepito dai beneficiari.
La citata disposizione - come confermato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 34/E del 20 ottobre 2022 - è finalizzata ad assicurare l’imposizione dei redditi anche nel caso in cui il beneficiario dell’attribuzione non riceva dal trustee elementi idonei ad individuare la parte imponibile come reddito di capitale dell’attribuzione ricevuta.
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Come chiarito dall’Amministrazione finanziaria, qualora siano oggetto di attribuzione ai beneficiari redditi di fonte italiana percepiti dal trust estero e già tassati nei suoi confronti in Italia, gli stessi non sono oggetto di imposizione nei confronti del beneficiario residente al quale sono attribuiti. Si tratta di rilevante chiarimento, già anticipato nella bozza di circolare pubblicata in consultazione l’11 agosto 2021, il quale:
- da un lato, conferma che il beneficiario di un trust opaco residente non potrà essere assoggettato a imposta sulle attribuzioni ricevute, a prescindere dal fatto che il reddito del trust sia (stato) prodotto in Italia o all’estero (sulla base del “worldwide taxation principle”);
- dall’altro, anche le attribuzioni effettuate al beneficiario di un trust non residente stabilito in uno Stato o territorio considerato a fiscalità privilegiata, qualora già tassate in Italia nei confronti del trust in quanto di fonte italiana, non potranno scontare nuovamente le imposte in capo al beneficiario.

Qual è l’ambito soggettivo di applicazione?

Importanti sono, inoltre, i chiarimenti offerti dall’Amministrazione finanziaria circa l’ambito soggettivo di applicazione della disposizione in parola:
- la presunzione legale relativa in esame trova applicazione anche nell’ipotesi in cui il beneficiario non sia individuato;
- per “trust esteri” devono intendersi i trust opachi stabiliti (rectius, fiscalmente residenti) in Stati o territori considerati a fiscalità privilegiata ex art. 47-bis TUIR.
Tale chiarimento supera l’orientamento contenuto nella bozza di circolare sul trust diramata in data 11 agosto 2021, sulla base della quale, in assenza di differenti specifiche, si sarebbe potuto sostenere in via interpretativa che il regime in questione avrebbe dovuto applicarsi a tutti i trust fiscalmente non residenti nel territorio dello Stato italiano.

Come superare la presunzione

Sotto il profilo operativo, pertanto, il superamento della presunzione implica che il beneficiario disponga di informazioni atte a distinguere chiaramente tra:
- la quota di attribuzione percepita riferibile al “patrimonio”, costituito dalla dotazione patrimoniale iniziale ed ogni eventuale successivo “trasferimento” effettuato dal disponente (o da terzi) a favore del trust;
- la quota riferibile al “reddito”, costituito da ogni provento conseguito dal trust, compresi i redditi eventualmente reinvestiti o capitalizzati nel trust stesso.
Nella definizione di reddito espressa nella circolare n. 34/E/2022, la quale ricomprende “ogni provento, compresi i redditi eventualmente reinvestiti o capitalizzati nel trust”, non appare chiaro, invero, se la norma di cui all’art. 45, comma 4-quater, TUIR abbia efficacia ex nunc.
Per consentire, dunque, la determinazione del reddito di capitale secondo le disposizioni tributarie italiane (art. 45 TUIR), il trustee dovrà consegnare al beneficiario (o ai beneficiari) copia di documentazione contabile ed extra-contabile dalla quale risulti la chiara distinzione della natura patrimoniale o reddituale delle attribuzioni effettuate.

Le risultanze contabili del trust

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 34/E/2022, § 3.5, al fine di consentire al beneficiario di sostenere l’onere probatorio, il trustee dovrebbe tenere una contabilità analitica del trust, idonea a distinguere:
- la quota/attribuzione riferibile al valore dei beni in trust al momento del conferimento iniziale, al netto di eventuali attribuzioni di patrimonio effettuate a favore dei beneficiari,
- dalla quota riferibile ai redditi realizzati di anno in anno, al netto di eventuali attribuzioni a favore dei beneficiari.
Inoltre, secondo l’Amministrazione finanziaria, qualora le delibere di distribuzione del trust indichino separatamente le attribuzioni di natura reddituale rispetto a quelle patrimoniali, occorrerà corredare le stesse di supporto contabile del trust.
Tale supporto contabile, almeno per i trust interni, potrebbe utilmente essere prodotto tenendo in considerazione le linee guida dello Studio del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili del 18 marzo 2010 in materia di rappresentazione contabile della gestione dei beni in trust, nonché le indicazioni del Quaderno n. 44 predisposto dalla Commissione Normative a Tutela dei Patrimoni dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano, edito nel dicembre 2012.

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