Fisco Nella legge di Bilancio 2023

Plusvalenze da partecipazioni immobiliari tutte da chiarire

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La legge di Bilancio 2023 prevede, per i non residenti, l’attrazione a tassazione delle plusvalenze da cessione di partecipazioni di enti o società estere, il cui valore per più della metà deriva, in qualsiasi momento nel corso dei 365 giorni che precedono la loro cessione, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in Italia, diversi (per effetto degli emendamenti del Governo) dagli immobili merce e da quelli utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa. La disposizione porta con sé la difficoltà di accertamento di un presupposto impositivo “dinamico” (imperniato sul riscontro di un valore superiore al 50%) che si basa su incerte stime di valori.
L’art. 23 TUIR, è noto, disciplina l’applicazione dell'imposta ai non residenti per i redditi prodotti nel territorio dello Stato.
L’art. 24, comma 1, del disegno di legge di Bilancio 2023 prevede l’introduzione all’art. 23 TUIR di un nuovo comma (1-bis), che attrae a tassazione le plusvalenze da cessione di partecipazioni di enti o società estere (partnership, Fondi e Trust compresi), il cui valore per più della metà, deriva, in qualsiasi momento nel corso dei 365 giorni che precedono la loro cessione, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in Italia, diversi da quelli alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività di impresa (cd. immobili merce) e da quelli utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa (per effetto degli emendamenti presentati dal Governo in sede referente - C. 643-bis).
Ne sono espressamente escluse le cessioni di titoli negoziati in mercati regolamentati. Sono escluse anche le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni da parte dei fondi comuni d’investimento europei (sempre per effetto degli emendamenti presentati dal Governo in sede referente - C. 643-bis).
La novella legislativa, per effetto del comma 2 dell’art. 24, ne estende l’imposizione anche alle plusvalenze su partecipazioni non qualificate detenute da contribuenti residenti in Stati white list (art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 239/1996), mediante l’introduzione del nuovo comma 5-bis all’art. 5, D.Lgs. n. 461/1997.
Trattandosi di redditi diversi, la plusvalenza sarà assoggettata un’imposizione sostitutiva del 26% ex articoli 67 e 68 TUIR.
La relazione illustrativa precisa che la disposizione è conforme all’art. 13, paragrafo 4, del Modello di Convenzione OCSE. Il riferimento è fatto alla versione del 2017 aggiornata dall’Action plan 6 BEPS, il cui commentario precisa che ai fini del calcolo della prevalenza non si deve tener conto delle passività.
Attualmente 23 delle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia - Arabia Saudita, Armenia, Azerbaijan, Barbados, Canada, Chile, Cina, Colombia, Estonia, Finlandia, Francia, Giamaica, Hong Kong, India, Israele, Messico, Nuova Zelanda, Pakistan, Filippine, Romania, Svezia, Ucraina, Uruguay (alcune non ancora in vigore) - consentono di tassare, a certe condizioni, le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in società estere il cui patrimonio sia investito prevalentemente in immobili situati in Italia.
Tuttavia, la norma interna - che prevale sulla convenzione se più favorevole al contribuente - non consente, il più delle volte, che la tassazione avvenga: o perché le partecipazioni non sono detenute in Italia (art. 23, comma 1, lettera f, TUIR), o perché si tratta di partecipazioni non qualificate detenute da soggetti fiscalmente residenti o investitori istituzionali costituiti in Paesi white list (art. 5, comma 5, D.Lgs. n. 461/1997).
L’adeguamento dell’art. 23 TUIR all’art. 13, par. 4 del modello OCSE e la neutralizzazione (ad opera e del nuovo comma 5-bis dell’art. 5, D.Lgs. n. 461/1997), dell’esenzione di cui all’art. 5, comma 5 del decreto stesso nel caso di cessione delle partecipazioni in società (peraltro sia estere sia italiane a prescindere dal luogo di detenzione) non quotate il cui valore, per più della metà, deriva, in qualsiasi momento nel corso dei 365 giorni che precedono la loro cessione, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in Italia è destinato ad avere impatto anche sulle cessioni fatte da soggetti residenti in Stati che non hanno convenzione con l’Italia.
Quando sarà recepita in Italia la convenzione multilaterale (Multilateral Convention to Implement Tax Treaty Related Measures to Prevent Base Erosion and Profit Shifting - "Multilateral Instrument" o "MLI" - entrata in vigore il 1° luglio 2018) per l’adeguamento dei tratti agli Action plan BEPS, il campo di applicazione della norma sarà ulteriormente esteso.
Infatti, l’Italia ha optato, anche se non ancora definitivamente, per l’applicazione dell’art. 9, paragrafo 4 dell’accordo Multilaterale, il che significa che le clausole sulle plusvalenze di società immobiliari presenti nei trattati in vigore saranno sostituite dal nuovo testo del modello OCSE e che tale testo sarà adottato anche negli altri trattati. Ovviamente perché ciò possa accadere occorre che anche l’altro Stato contraente abbia fatto la stessa opzione, ma - a quanto risulta dal “data base” dell’OCSE - più di una quarantina di Stati (prevalentemente nostri partner) hanno esercitato, provvisoriamente o definitivamente, questa opzione.
Dal punto di vista pratico accadrà che in alcune convenzioni sarà pienamente adottato l’art. 9, paragrafo 4 anche in sostituzione della corrispondente norma presente nella convenzione vigente, dell’accordo multilaterale (Convenzioni con Canada, Irlanda, Israele, Malta, Russa, San Marino e Slovenia) e nelle altre in cui il partner estero ha esercitato l’opzione per l’applicazione dell’art. 9, par. 4 la nuova versione si applicherà e sostituirà la versione eventualmente vigente nei limiti in cui la vecchia è incompatibile con la nuova, secondo lo schema logico seguente (OCSE, “Matching of Reservations and Notifications Under the Multilateral Instrument (MLI) Provisions”).

Presupposto impositivo “dinamico” difficile da accertare

A parte ciò, non si può fare a meno di sottolineare le difficoltà di accertamento di un presupposto impositivodinamico” - in quanto si impernia sul riscontro di un valore superiore al 50% che deve sussistere non interrottamente ma nel corso di uno qualsiasi dei 365 giorni antecedenti la cessione (testing period) - e che si basa su incerte stime di valori.
Anche la norma internazionale difetta, infatti, di chiarezza e appare di complicata applicazione.
Innanzitutto, i contribuenti potrebbero non disporre delle informazioni necessarie, né le società e gli enti sono tenuti a fornirle periodicamente. Recuperare la frazione percentuale della preponderanza degli asset immobiliari situati in Italia rispetto a immobili ubicati in altri territori e per giunta monitorarla nel corso dei 365 giorni può non essere agevole.

Quale è il “valore” da considerare?

C’è poi il riscontro del “valore”. Quale? Il costo storico, comprese le successive rivalutazioni, o il valore reale corrente dei beni immobili?
Di certo avremo due livelli di comparazione:
i) innanzitutto, che il totale dell’investimento in assets immobiliari dovrà essere superiore al 50% del totale dell’attivo, per cui se si opta per il valore corrente, anche il totale delle attività dovranno essere espresse con lo stesso criterio (il commentario OCSE all’art. 13 - para 28.4 - specifica espressamente che non si tiene conto dei debiti o di altre passività della società garantiti o meno da ipoteche sui beni immobili);
ii) occorrerà poi accertare che il valore (costo storico o corrente) degli immobili situati in Italia è superiore di oltre il 50% del valore totale dell’attivo (commentario all’art. 13 del Modello Convezione OCSE 2017, paragrafo 28.4).
Poiché la noma si applica in ogni caso in cui, in qualsiasi momento durante i 365 giorni precedenti l'alienazione delle azioni/quote, il valore degli asset immobiliari localizzati in Italia è superiore del 50%, cosa succede se entro il testing period la società aliena un immobile situato nel nostro territorio? In un caso del genere, poiché l'alienazione del bene immobile è imponibile nello Stato in cui esso è ubicato, non sarebbe opportuno tener conto del valore di tale bene nel determinare se la norma debba applicarsi alla plusvalenza derivante dalla successiva alienazione della partecipazione
Le difficoltà aumentano nel caso di cessione di azioni/quote di una società non quotata che a sua volta partecipa una “legal entity” con assets immobiliari localizzati in Italia, beninteso al verificarsi delle condizioni. È dubbio, in questo caso, se il presupposto impositivo si verifichi anche nel caso in cui la predetta “legal entity” sia quotata, perché il nuovo comma 1-bis dell’articolo 23/917 sembra escludere solo la cessione diretta di partecipazioni quotate, il che crea ulteriore incertezza.
Sono comunque tutti aspetti che andranno chiariti.
Infine, atteso che le Convenzioni attuali o quelle che subiranno modifiche per effetto del MLI, prevedono una tassazione concorrente tra Stati, si pone la questione del credito d’imposta al fine di contenere la doppia imposizione giuridica. L’art. 23B del Modello OCSE riconosce a titolo di detrazione dall'imposta sul reddito, un importo pari all'imposta sul reddito versata nel primo Stato che tuttavia non potrà superare la parte dell'imposta sul reddito dovuta nel secondo Stato. Per l’Italia, dopo la sentenza della Cassazione n. 25698 del 1° settembre 2022, anche con riferimento all’imposta sostitutiva, non dovrebbero esservi particolari motivi ostativi al riconoscimento del c.d. “foreign tax credit”.

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