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Segreto professionale: quali documenti esibire in sede di accessi, ispezioni e verifiche

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In tema di segreto professionale, in sede di risposta al questionario l’eventuale esibizione di documentazione nota, conoscibile o già divulgata nonché documentazione che rivesta un interesse prettamente economico e fiscale del cliente, può costituire scriminante dal punto di vista sia disciplinare sia penale, anche in assenza di autorizzazione della parte assistita. Lo ha chiarito il CNDCEC con un pronto ordini del 19 gennaio 2023.
Con il pronto ordini del 19 gennaio 2023, il CNDCEC ha fornito chiarimenti in tema di segreto professionale.
Nell’ordinamento professionale l’obbligo del segreto professionale è previsto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 139/2005 il quale dispone che gli iscritti nell'Albo hanno l'obbligo del segreto professionale. Nei loro confronti si applicano gli articoli 199 e 200 del Codice di procedura penale e l'articolo 249 del Codice di procedura civile, salvo per quanto concerne le attività di revisione e certificazione obbligatorie di contabilità e di bilanci, nonché quelle relative alle funzioni di sindaco o revisore di società od enti.
Il segreto professionale attiene ai fatti, informazioni e circostanze che l’iscritto apprende in ragione dell’espletamento del mandato professionale e le stesse devono pertanto mantenersi riservate e confidenziali. All’iscritto, proprio in ragione di tale prerogativa, è riconosciuto il diritto di astenersi dal rendere testimonianza nell’ambito del processo penale e civile.
L’obbligo del segreto professionale trova il suo completamento nell’art. 10 del Codice deontologico.
Infine, l’obbligo di mantenere il segreto professionale si ricava anche dall’art. 622 c.p., il quale punisce la condotta di chi, avendo notizia, per ragione della propria professione, di un segreto, lo rivela senza giusta causa.
Di conseguenza, l’iscritto che viola il segreto professionale, divulgando a terzi le notizie che gli siano state confidate da un proprio cliente, potrebbe essere chiamato a rispondere in sede disciplinare, civile e penale.
Le norme indicate individuano quindi da un lato il dovere per l’iscritto di mantenere riservate le informazioni apprese in ragione dell’espletamento del mandato e dall’altro lato il diritto a non comunicarle e/o riferirle a terzi.
Nell’ordinamento il diritto a non divulgare le informazioni apprese in ragione dell’espletamento del mandato non solo può esercitarsi nell’ambito delle testimonianze civili e penali, ma anche in sede di accessi, ispezioni e verifiche disposte dagli Uffici facenti parte dell’Amministrazione finanziaria.
Non essendo prevista una norma che individui quali siano i documenti o le informazioni per le quali il professionista possa opporre fondatamente il segreto professionale, il CNDCEC ha evidenziato come siano esclusi dal dovere di segretezza i fatti notori, ovvero le notizie che risultano essere conosciute da un elevato numero di persone o siano state in ogni caso divulgati dalla stessa parte assistita.
In sede di risposta al questionario l’eventuale esibizione di documentazione nota, conoscibile o già divulgata nonché documentazione che rivesta un interesse prettamente economico e fiscale del cliente, può costituire scriminante dal punto di vista sia disciplinare sia penale, anche in assenza di autorizzazione della parte assistita.
A cura della Redazione

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