Con riguardo al compenso per l'attività di consigliere di amministrazione riconosciuto al dipendente della consociata estera, la non imponibilità dei compensi nel territorio dello Stato conferma l'insussistenza di un obbligo, in capo alla società, di effettuare la ritenuta a titolo d'imposta, all'atto del pagamento della somma. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 330 del 22 maggio 2023. Non concorrono alla determinazione del reddito complessivo soggetto a IRPEF i compensi reversibili percepiti dai collaboratori coordinati e continuativi tra i quali rientrano i consiglieri di amministrazione.
Con la risposta a interpello n. 330 del 22 maggio 2023, l’Agenzia delle Entrate ha analizzato il corretto trattamento fiscale da adottare da parte di una società italiana che eroga un compenso per l'attività di consigliere di amministrazione a un dipendente di una consociata estera, verso la quale sussiste un obbligo contrattuale di riversamento dell'emolumento.
In merito ai compensi reversibili, l'
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art. 51, comma 2, lettera e),
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TUIR dispone che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente i compensi reversibili di cui alle lettere b) ed f) del comma 1 dell'
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art. 50
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TUIR.
Al riguardo, la lettera b) assimila ai redditi di lavoro dipendente le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità. Si tratta di somme e valori che il prestatore di lavoro percepisce da soggetti diversi dal proprio datore di lavoro per incarichi svolti in relazione alle funzioni della propria qualifica e in dipendenza del proprio rapporto di lavoro quali, ad esempio, la partecipazione a organi collegiali, commissioni di esami, comitati tecnici, compresi quelli dei dipendenti pubblici per attività rese in funzione del proprio ruolo o in rappresentanza dell'ente di appartenenza.
Sul punto, il paragrafo 5.3 della
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circolare del Ministero delle Finanze 23 dicembre 1997, n. 326 ha chiarito che l'
assimilazione al lavoro dipendente deriva dal fatto che l'attività viene fornita dal dipendente in relazione a un ordine di servizio ricadente nel rapporto di lavoro subordinato intrattenuto in via principale.
La disposizione normativa esclude dal novero dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, insieme ai compensi che per legge devono essere riversati allo Stato, quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro. Tale esclusione, tuttavia, non comporta la loro qualifica come redditi di lavoro dipendente.
Il paragrafo 2.2.5 della circolare ha chiarito che i compensi reversibili richiamati dall’art. 51 non solo non costituiscono reddito assimilato a quello dipendente, ma non devono essere assoggettati a tassazione neanche quali redditi di lavoro dipendente, in quanto sono imputati direttamente al soggetto al quale, per clausola contrattuale, devono essere riversati.
Il Ministero delle Finanze, con nota n. 8/166 del 17 maggio 1977, ha riconosciuto che non concorrono alla determinazione del reddito complessivo soggetto all'IRPEF i compensi reversibili percepiti dai collaboratori coordinati e continuativi tra i quali rientrano i consiglieri di amministrazione. E ciò in base al principio generale secondo cui non si configurano quale reddito imponibile di un soggetto le somme di cui egli non ottenga in alcun modo la disponibilità.
Ciò a condizione che risulti documentato l'effettivo riversamento alle società ed enti destinatari dei compensi medesimi.
La
non imponibilità dei compensi nel territorio dello Stato, per effetto della disposizione convenzionale di cui all'art. 7, nonché per effetto delle disposizioni domestiche, di cui all'
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art. 23, comma 1, lettera c),
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TUIR e all'
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art. 24, comma 1-
ter, del
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D.P.R. 600/1973, conferma l'insussistenza di un obbligo, in capo alla società, di effettuare la ritenuta a titolo d'imposta, all'atto del pagamento della somma.
A cura della Redazione
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