Impresa Corporate Governance

Sostenibilità: l’adeguamento ai fattori ESG interessa anche le PMI

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Per le PMI non quotate è opportuno intraprendere un percorso di adeguamento, a livello strategico e organizzativo, ai fattori ESG. Per queste imprese la direttiva CSRD non prescrive un obbligo in questo senso, tuttavia, l’introduzione da parte del Codice della crisi della necessità di dotarsi di adeguati assetti organizzativi, ha fatto sì che tra i rischi da tenere sotto controllo per prevenire il pregiudizio della continuità aziendale rientrino quelli che incidono sulla sostenibilità aziendale, quindi anche i rischi ESG. Il processo di adeguamento porta ad una revisione delle strategie, dei piani industriali e dell’organizzazione aziendale secondo criteri di semplificazione e di maggiore efficienza, per cui può essere realizzato anche attraverso semplificazioni e riduzione dei costi di corporate governance.
La governance delle imprese è certamente oggi uno dei temi di maggior rilievo unitamente alla sostenibilità, declinata secondo i fattori ESG.
I fenomeni hanno assunto dimensioni globali e l’Europa è in pole position in termini di disposizioni normative (direttive e regolamenti) emanate per favorire l’adeguamento ai fattori di sostenibilità.
Gli obblighi di rendicontazione di sostenibilità sono stati estesi dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), Questo simbolo indica la disponibilità del documento su One FISCALE

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Direttiva (UE) 2022/2464 e riguardano principalmente le società quotate e le grandi imprese, da individuare sulla base di specifici parametri in parte rivisti per le grandi imprese dalla Questo simbolo indica la disponibilità del documento su One FISCALE

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direttiva delegata (UE) 2023/2775 della Commissione del 17 ottobre 2023 che modifica la Questo simbolo indica la disponibilità del documento su One FISCALE

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direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio:
Parametri dimensionali delle grandi imprese
1
Totale dello stato patrimoniale: 25 000 000 euro
2
Ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 50 000 000 euro
3
Numero medio dei dipendenti occupati durante l'esercizio: 250
Tuttavia, in considerazione delle peculiarità del settore imprenditoriale del nostro paese, è importante accertare se tali obblighi, in qualche maniera, siano o meno applicabili alle PMI, e segnatamente alle PMI non quotate.
Inoltre, qualora non si delineasse la presenza di un obbligo, occorre stabilire se si tratta di prassi volontarie oggi, allo stato dei fatti, inevitabili ed ineludibili.
È bene segnalare da subito che, in linea generale, l’argomento risulta essere ormai di dominio pubblico. Un importante studio del novembre 2023 di BVA DOXA per Cassa Depositi e Prestiti basato su 7.500 interviste svolte in cinque paesi europei (Italia, Francia Germania, Spagna e Polonia, cioè 1.500 interviste per ogni paese) ha rivelato, in estrema sintesi, che: il 77% del campione ha sentito parlare di temi di sostenibilità ambientale e sociale, il 71% del campione ritiene che nella scelta di un prodotto è importante che sia realizzato con metodi e processi sostenibili, il 46% del campione è disponibile a pagare di più per i prodotti realizzati con metodi e processi sostenibili.
Da ciò emerge chiaramente che si riscontra ormai una consapevolezza diffusa dell’importanza della sostenibilità che non è solo un manifesto politico ma è un ideale condiviso, sentito profondamente soprattutto tra le fasce della popolazione europea. In altri termini, è un’idea che si sta radicando nelle menti delle persone comuni.
Dinanzi a tale scenario non è possibile quindi anche solo immaginare che le PMI che non hanno l’obbligo di rispettare la normativa sopra richiamata possano evitare di occuparsi in via immediata dell’adeguamento ai fattori di sostenibilità, intraprendendo da subito un processo virtuoso che le porterà nella ideale posizione di usufruire di concreti vantaggi. In altre parole, anche qualora vi fossero forti argomentazioni per sostenere l’assenza di un obbligo in capo alle PMI di adeguamento ai fattori ESG, non v’è imprenditore che oramai non sia in grado di intuire che questo processo è urgente e necessario, sostanzialmente inevitabile.

Obbligo di adeguamento per le PMI

A ben guardare, anche chi sostiene che ai sensi della normativa comunitaria non vi sia alcun obbligo di adeguamento ai fattori di sostenibilità da parte delle PMI dovrebbe rivedere le proprie posizioni.
Infatti, sotto il profilo normativo, è opportuno ricordare l’introduzione del nuovo art. 2086 cod. civ. da parte del Codice della Crisi ( Questo simbolo indica la disponibilità del documento su One FISCALE

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D.Lgs. n. 14/2019), che introduce un obbligo a carico di tutti gli imprenditori di creare assetti organizzativi idonei a misurare la situazione patrimoniale ed economico-finanziaria dell’impresa nonché la continuità aziendale e a rilevare tempestivamente lo stato di crisi, tenendo conto anche di tutti gli elementi idonei a incidere sulla sostenibilità. Quindi occorre tenere conto di tutti i fattori di rischio, ivi inclusi quelli ESG.
Si tratta di principi di carattere generale di fondamentale rilievo nell’organizzazione e nella conduzione dell’attività di impresa che hanno una portata generale estesa a tutti gli imprenditori. Si tratta, in altre parole, di istituire adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili per il primario obiettivo della tempestiva rilevazione dello stato di crisi ma anche per dare copertura a tutti i potenziali rischi, primi tra tutti a quelli derivanti dal mancato adeguamento ai fattori di sostenibilità.
Si tratta, infine, di principi che devono essere correlati alla natura e alla dimensione dell’impresa secondo un principio di proporzionalità.
Tutto quanto richiamato in sostanza prova che, anche se nelle disposizioni domestiche e comunitarie dedicate ai fattori ESG non sono stati introdotti obblighi specifichi a carico delle PMI, di fatto esiste un obbligo derivante dalla stessa normativa interna che ne impone da subito l’adeguamento. Obbligo un po' nascosto ma con il quale, attraverso una normativa generale, si impone alle PMI di essere compliant alla normativa comunitaria emanata per le imprese chiamate ad adeguarsi ai fattori ESG.

EFRAG, consultazione pubblica sugli standard di rendicontazione ESG per le PMI

L’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) ha lanciato una consultazione pubblica sulle due bozze di standard (“Exposure Draft”) relative ai principi di rendicontazione di sostenibilità per le PMI, quotate (ESRS LSME ED) e non (VSME ED).
Questo prova che gli standard di rendicontazione ESG per le piccole e medie imprese europee sono di importanza vitale anche secondo il gruppo tecnico europeo. Tale rilevanza non è attribuita solo perché gli obblighi di rendicontazione della sostenibilità ai sensi della CSRD saranno applicati anche alle PMI quotate a partire dal 2026, ma anche perché le PMI, che in Italia rappresentano il 41% del fatturato nazionale, sono una parte fondamentale dell’economia europea e la maggior parte di esse sono non quotate.
L’EFRAG ha quindi ritenuto fosse necessario sviluppare uno standard volontario di rendicontazione sulla sostenibilità per le PMI non quotate (VSME). La proposta dell’EFRAG si traduce in uno strumento di reporting per assistere le PMI nelle risposte alle richieste di informazioni sulla sostenibilità che devono fornire alle controparti aziendali (principalmente banche, investitori o grandi aziende della cui filiera fanno parte).

Un percorso inevitabile

Chi sostiene ancora, dopo tutto quanto osservato, che non si ravvisi l’esistenza di obblighi di adeguamento ai fattori ESG per le PMI non quotate ben presto si troverà a fare i conti con la CSDDD e cioè con la direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence, ormai prossima all’approvazione.
La direttiva, fortemente innovativa è, per le previsioni in essa contenute, inevitabilmente destinata ad incidere sull’organizzazione delle imprese, di tutte le imprese.
Se è vero che essa si applicherà (i) alle imprese europee con più di 500 dipendenti e un fatturato mondiale di oltre 150 milioni di euro, (ii) alle imprese europee con più di 250 dipendenti e un fatturato mondiale di oltre 40 milioni di euro, (iii) alle imprese non europee che generano in Europa un fatturato delle stesse dimensioni di cui ai precedenti punti, è anche vero che il fulcro della direttiva è focalizzato sugli assetti organizzativi. Tale fulcro punta sull’obbligo di adottare misure organizzative adeguate a individuare, prevenire o eliminare gli impatti negativi sull’ambiente e sulla protezione dei diritti umani causati dalla loro attività o da quella dei partner commerciali inseriti nella propria catena produttiva.
Il che vuol dire che tutte le PMI, di qualsiasi dimensione, parte di una filiera ovvero di una catena produttiva che vede la capogruppo sottostare agli obblighi normativi introdotti dalla nuova direttiva dovranno attrezzarsi per essere compliant ai fattori ESG se l’intento è quello di continuare ad operare come parte della filiera.

Adeguamento obbligatorio o volontario: i vantaggi in prospettiva

Se quindi il processo di adeguamento, per quanto detto, appare inevitabile, è bene che le PMI adottino comportamenti virtuosi dai quali possono derivare anche numerosi vantaggi. È noto, infatti, che le opportunità dell’integrazione dei fattori ESG sono molteplici e vanno dal contenimento dei rischi, di cui si è già accennato, al rispetto dell’ambiente e del territorio, al miglioramento del legame con i dipendenti, alla valorizzazione dell’immagine aziendale alla possibilità di partecipare a gare di appalto con richieste di conformità ESG, al miglior accesso al credito ed al rafforzamento delle relazioni con gli stakeholders.

Costi di corporate governance

Ad oggi si registra un atteggiamento timido da parte delle PMI in relazione all’adeguamento ai fattori ESG. Probabilmente ciò è dovuto alla preoccupazione che le imprese hanno in relazione ai maggiori costi di corporate governance. In realtà gli studiosi e gli operatori del settore sono ben consapevoli che poiché il processo di adeguamento porta ad una revisione delle strategie, dei piani industriali e dell’organizzazione aziendale secondo criteri di semplificazione e di maggiore efficienza, vi è la convinzione che a regime, una volta implementato il nuovo percorso di adeguamento, i costi di corporate governance andranno a ridursi.
Sulla base di tali considerazioni lo sforzo informativo e formativo da fare per convincere le PMI ad intraprendere il percorso di adeguamento dovrà essere l’obiettivo primario.
Una nuova cultura della Corporate Governance nei contesti organizzativi è in grado di rappresentare un vero e proprio vantaggio competitivo, un acceleratore del business e una opportunità imprescindibile per la crescita sostenibile delle imprese.
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