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Ricerca e sviluppo, come calcolare il credito d’imposta

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Le interpretazioni contenute nella circolare n. 5/E del 16 marzo 2016 hanno notevolmente allargato la portata del credito d’imposta per ricerca e sviluppo. Nessun limite è previsto per quanto riguarda l’ambito della ricerca: le attività di ricerca e sviluppo possono essere svolte in qualsiasi ambito e non solamente in quello scientifico e tecnologico. L’accesso all’incentivo è previsto a favore di tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico, nonché dal regime contabile adottato e dalle dimensioni. Le aperture più importanti riguardano le spese ammissibili, con l’ammissione del costo del personale tecnico diverso da quello altamente qualificato. Chiarito anche che il credito d’imposta può essere fruito anche in caso di ricerca infra-gruppo ed è pienamente compatibile con il Patent box.
Credito d'imposta per ricerca e sviluppo ad ampia portata: le interpretazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 5/E del 16 marzo 2016, infatti, allargano notevolmente l'ambito di operatività dell’agevolazione.

Finanziabile la ricerca in qualsiasi campo

Nessun limite è previsto per quanto riguarda l’ambito della ricerca: secondo l’Agenzia infatti le attività di ricerca e sviluppo possono essere svolte anche in ambiti diversi da quelli scientifico e tecnologico (ad esempio, in ambito storico o sociologico).

Ammesse tutte le imprese

L’accesso all’incentivo è previsto a favore di tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico, nonché dal regime contabile e dalle dimensioni aziendali. Nel novero delle imprese beneficiarie rientrano gli enti non commerciali, con riferimento all’attività commerciale eventualmente esercitata, le imprese agricole che determinano il reddito agrario ai sensi dell’articolo 32 del TUIR, i consorzi e le reti di imprese.
Possono inoltre fruire dell’agevolazione le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di imprese non residenti.
Ammesse anche le imprese di nuova costituzione, ossia che intraprendono l’attività a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.

Spese ammissibili ad ampio raggio

I chiarimenti più importanti si concentrano sulle spese ammissibili. Innanzitutto, è ammessa la possibilità di fruire del credito d’imposta anche per le spese relative ad attività di ricerca avviate anteriormente al 2015, purché sostenute nel periodo agevolato (dal periodo di imposta 2015 al 2019).
Chiarito anche che il credito d’imposta spetta per le spese per il personale tecnico addetto diverso da quello altamente qualificato e per la ricerca infra-gruppo.

Approccio incrementale

Interessanti anche le indicazioni in merito alle modalità di calcolo del beneficio. Il credito d’imposta è concesso fino all’importo massimo di 5 milioni di euro a favore di ciascun beneficiario, a condizione che l’impresa effettui una spesa complessiva per attività di ricerca e sviluppo almeno pari a 30.000 euro.
Il beneficio deve essere calcolato tramite il cosiddetto approccio incrementale.
Per avere diritto al bonus occorre verificare che la spesa complessiva per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, effettuata in ciascun periodo di imposta in relazione al quale si intende fruire dell’agevolazione, rappresenti un incremento rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei 3 periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.

Cumulabilità

Il credito d’imposta è cumulabile con altri bonus, tra cui quello relativo agli investimenti in beni strumentali nuovi, previsto dall’articolo 18 del DL 91/2014, ed è complementare con il Patent box: i costi ammissibili al credito di imposta rilevano per l’intero ammontare anche ai fini della determinazione del reddito agevolabile da Patent box.

Documentazione da conservare

Ai fini di eventuali controlli occorre conservare una serie di documenti contabili con l’indicazione dell’effettività dei costi sostenuti e con l’attestazione di regolarità formale, che devono essere certificati dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale, oppure da un professionista iscritto nel registro dei revisori legali.
 
A cura della Redazione

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