La pandemia e la trasformazione digitale stanno spingendo le aziende a rivedere politiche organizzative e relazioni con clienti e mercati. Anche le aziende non multinazionali che operano su più sedi, devono affrontare sfide logistiche e culturali. La tecnologia, come Microsoft Teams e Slack, è fondamentale per mantenere la coesione.
La gestione di team distribuiti richiede una cultura aziendale flessibile e strategie di leadership innovative. Strumenti digitali e programmi di mentorship cross-sede sono essenziali per rafforzare il senso di appartenenza.
In futuro, le aziende potrebbero evolvere verso modelli "liquidi", con team che si formano e sciolgono in base ai progetti, grazie all'intelligenza artificiale e alla realtà aumentata, migliorando la collaborazione globale.
 

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Pandemia, digital transformation, nuove generazioni di lavoratori, cambiamenti economici e di business, stanno portando le aziende a rivedere le proprie politiche organizzative interne e la relazione con la clientela e i mercati.

Sempre più spesso anche aziende non necessariamente multinazionali, si trovano ad operare su più sedi territoriali. In alcuni casi le sedi si trovano all’interno del medesimo Paese, in altri casi siamo di fronte ad aziende transnazionali.

In entrambi i casi le sfide riguardano aspetti logistici, organizzativi, motivazionali e di corporate identity; nel caso di aziende multinazionali, a ciò si aggiungono anche aspetti legali, culturali, sociali ed economici differenti da Paese a Paese.

La vera sfida è dunque far quadrare tutto: visione unitaria del business, brand centralizzato forte e corporate identity solida. 

Queste realtà organizzative sempre più diffuse richiedono un ripensamento profondo delle strategie di leadership e gestione delle risorse umane, che in parte abbiamo analizzato in precedenti articoli su questo Magazine.

Immaginiamo di essere alla guida di un'azienda con uffici sparsi in diverse città italiane, o magari con filiali in vari Paesi europei.
Cosa fare in concreto per mantenere un senso di unità e direzione comune? Come assicurarsi che la comunicazione fluisca efficacemente tra i vari team? E soprattutto, come creare un ambiente di lavoro coeso e produttivo quando i nostri collaboratori sono fisicamente distanti?

Queste sono solo alcune delle domande che i manager moderni e i leader si trovano ad affrontare.

Come gestire collaboratori su più sedi?

La gestione di collaboratori su più sedi non è semplicemente una questione di coordinamento logistico o di implementazione di nuove tecnologie. Si tratta, in realtà, di creare una nuova cultura aziendale, che abbracci la flessibilità e la diversità geografica come elemento naturale in un mondo sempre più globalizzato, fonte di arricchimento e non problema organizzativo.

In questi casi la sfida per i leader e i manager è ripensare l'organizzazione, a volte ripartendo da zero, piuttosto che adattando quella attuale. Si tratta di creare strutture flessibili, resilienti e innovative, composte da collaboratori formati in tal senso, motivati ad investire sul futuro e tecnologicamente abili.

La tecnologia è il fattore alla base di questo nuovo modello organizzativo, perché è con essa che si accorciano le distanze, si eliminano le perdite di tempo e si mantiene intatta la relazione umana, che non vuol dire sempre “presenza”. Per far sentire le persone parte di un progetto comune è la comunicazione l’elemento centrale: a volte, infatti, la presenza non crea alcun senso di appartenenza, se diventa solo “lavorare vicini”, piuttosto che “insieme”. La tecnologia funge da ponte tra le distanze fisiche e diventa una “cerniera” emotiva tra i collaboratori. Vero anche che momenti di condivisione in presenza restano importanti e auspicabili e saper trovare il giusto equilibrio è proprio la sfida del buon manager. 

Obiettivi comuni, coinvolgimento, comunicazione tempestiva, contatto continuo: sono questi gli elementi alla base della coesione di un team, a prescindere che sia dislocato in sedi diverse, oppure nella medesima sede fisica.

Dispersione geografica o dislocazione geografica?

Il primo elemento da chiarire e su cui interrogarsi è la differenza tra “dispersione geografica” dei collaboratori sul territorio e “dislocazione geografica”.

Le ragioni per cui una azienda decida di avere più sedi territoriali possono essere le più disparate: si parte dalle scelte strategiche di produzione e distribuzione, alle scelte economiche di economie di scala e risparmio di manodopera o materie prime, alle situazioni casuali legati a fattori storici o ambientali.

Qualunque sia la ragione, la distanza geografica inizialmente rappresenta un problema per la coesione di un gruppo, sia da un punto di vista emotivo, che organizzativo. Il compito dei leader è creare le condizioni perché questa criticità iniziale possa diventare un “non problema” e, meglio ancora, una opportunità. Compito dei manager è saper mettere in atto le strategie giuste e coltivarle nel tempo, rendendo cultura quotidiana il lavoro con colleghi di altre sedi e altre culture. 

Una situazione mal gestita o non gestita affatto si tradurrà in “dispersione geografica”, percepita dai collaboratori come un limite, un problema e un ostacolo.

Al contrario, una situazione coltivata nei giusti termini culturali, di competenze e di strumenti tecnologici e organizzativi, si tradurrà in flessibilità, opportunità e ricchezza di esperienze, costituendo la “dislocazione geografica” dell’azienda, quindi una modalità organizzativa che darà l’idea di dimensione, solidità e struttura. 

Quali sono i vantaggi e le sfide della dislocazione geografica aziendale?

I vantaggi che derivano dalla dislocazione geografica dell’organizzazione aziendale possono essere molteplici, a cominciare dall'accesso a un bacino di talenti più ampio e diversificato, dalla possibilità di essere più vicini ai mercati locali, a una maggiore flessibilità operativa.

A fronte di questi vantaggi si pongono nuove competenze, abilità e strumenti: il coordinamento delle attività tra team distanti può rivelarsi complicato per le barriere linguistiche e culturali, che possono ostacolare una comunicazione fluida e immediata, così come mantenere un senso di unità e appartenenza aziendale può diventare un esercizio di equilibrismo quando i collaboratori non condividono lo stesso spazio fisico. Per non parlare dei controlli sulle performance e il rispetto delle procedure aziendali quando non si convive quotidianamente con i propri collaboratori.

In questo contesto, la tecnologia emerge come un alleato fondamentale.

Gli strumenti digitali non sono più un semplice supporto, ma sono diventati l'infrastruttura stessa su cui si basa l'organizzazione così distribuita. Le piattaforme di collaborazione integrate come Microsoft Teams, Slack o Asana – solo per citarne alcuni – hanno rivoluzionato il modo in cui i team interagiscono, combinando chat, videoconferenze, condivisione di file e gestione dei progetti in un'unica interfaccia intuitiva. Queste soluzioni non solo facilitano la comunicazione, ma creano veri e propri spazi di lavoro virtuali dove le idee possono fluire liberamente, superando i confini geografici.

La più recente tecnologia sull’onda dell’intelligenza artificiale va ancora oltre: oggi è possibile avere sessioni di formazione immersive condotte in realtà virtuale, dove collaboratori da tutto il mondo possono incontrarsi in un ambiente 3D per apprendere e interagire come se fossero fisicamente nello stesso luogo.

Pensiamo alle potenzialità dell'Internet of Things (IoT) nel monitoraggio in tempo reale delle performance, della sicurezza e dell'efficienza energetica delle varie sedi, permettendo una gestione più intelligente e sostenibile delle risorse aziendali.

Questione di cultura (aziendale) prima di tutto

Sarebbe un errore, tuttavia, pensare che la tecnologia da sola possa risolvere tutte le sfide di un'organizzazione distribuita. Il vero fattore differenziante rimane quello umano.

La tecnologia fornisce gli strumenti, ma è la cultura aziendale a determinare come questi strumenti vengono utilizzati e con quale efficacia. In un contesto distribuito, coltivare una cultura aziendale forte e coesa diventa al tempo stesso più difficile e più cruciale che mai.

Come si può creare un senso di appartenenza quando i collaboratori non condividono lo stesso spazio fisico? Come si possono trasmettere i valori e la visione aziendale attraverso la distanza?

La risposta sta in un approccio olistico che combina strategie innovative di onboarding, programmi di mentorship cross-sede, e un ripensamento delle modalità di riconoscimento e celebrazione dei successi.

Proviamo ad immaginare un processo di onboarding strutturato, che non si limiti a familiarizzare i nuovi assunti con le procedure aziendali, ma che li immerga nella cultura dell'organizzazione, indipendentemente dalla loro ubicazione. Questo potrebbe includere sessioni virtuali di storytelling aziendale, dove i fondatori o i leader condividono la storia e i valori dell'azienda, o progetti di onboarding che coinvolgono collaboratori da diverse sedi, creando fin da subito connessioni trasversali.

La rotazione dei ruoli tra diverse sedi, anche se temporanea, può essere un ulteriore potente strumento per favorire la cross-fertilizzazione di idee e pratiche. Un manager che trascorre qualche mese in una filiale estera non solo acquisisce una prospettiva più ampia sul business, ma crea anche legami personali che possono facilitare la collaborazione futura.

I programmi di mentorship che collegano collaboratori di diverse location non solo possono promuovere lo scambio di conoscenze e la crescita professionale, ma creare anche un senso di comunità, che trascende i confini geografici. Immaginiamo un giovane talento di Milano che ha come mentore un senior manager di Londra: non solo si crea un'opportunità di apprendimento reciproco, ma si gettano anche le basi per future collaborazioni internazionali.

In un'organizzazione così articolata e distribuita geograficamente, anche i riconoscimenti devono essere ripensati. Gli eventi virtuali per festeggiare successi, compleanni e traguardi aziendali non sono un mero sostituto delle celebrazioni in presenza, ma un'opportunità per creare momenti di condivisione, che coinvolgono tutte le sedi contemporaneamente, rafforzando il senso di unità aziendale.

La formazione sulla diversità e l'inclusione assume un ruolo ancora più cruciale in un contesto distribuito geograficamente. Non si tratta solo di sensibilizzare i collaboratori sulle differenze culturali, ma di creare un ambiente di lavoro dove la diversità geografica viene vista come un asset strategico, una fonte di prospettive uniche e innovative che possono dare all'azienda un vantaggio competitivo sui mercati globali.

Un nuovo approccio alla leadership

Gestire team distribuiti richiede anche un nuovo approccio alla leadership. I manager devono sviluppare quello che potremmo chiamare un "set di competenze distribuite".

L'empatia digitale, ovvero la capacità di percepire e rispondere alle emozioni e ai bisogni dei collaboratori attraverso canali digitali, diventa una skill fondamentale. Non potendo contare sul linguaggio del corpo e sulle interazioni informali che avvengono naturalmente in un ufficio fisico, i leader devono affinare la loro capacità di "leggere tra le righe" delle comunicazioni digitali, di cogliere sfumature e segnali sottili che possono indicare problemi o opportunità.

La fiducia proattiva è un altro pilastro della leadership distribuita. In un contesto dove non è possibile supervisionare direttamente il lavoro dei collaboratori, diventa essenziale concedere autonomia e valutare i team sui risultati piuttosto che sul tempo di lavoro. Questo richiede un cambio di mentalità significativo per molti manager abituati a stili di leadership più tradizionali e un investimento importante nella definizione di obiettivi chiari e metriche di performance adeguate.

La comunicazione asincrona efficace è un'altra competenza chiave. In un'organizzazione distribuita su fusi orari diversi, non sempre è possibile avere tutti i collaboratori disponibili contemporaneamente. I leader devono quindi padroneggiare l'arte di comunicare in modo chiaro e completo attraverso email, messaggi e documenti condivisi, assicurandosi che tutte le informazioni necessarie siano accessibili e comprensibili anche in assenza di un contesto immediato.

Infine, le competenze sulle relazioni virtuali diventano competenze cruciali. Gestire riunioni online produttive e coinvolgenti richiede un set di skills specifico: saper gestire i turni di parola in un ambiente virtuale senza sovrapporsi o distrarsi, utilizzare efficacemente gli strumenti di collaborazione online, mantenere alta l'attenzione dei partecipanti anche quando non sono fisicamente presenti nella stessa stanza.

Come misurare il successo di un'organizzazione distribuita?

I tradizionali KPI (Key Performance Indicators) potrebbero non essere sufficienti a catturare le dinamiche uniche di questo nuovo modello organizzativo. È necessario sviluppare nuovi indicatori che riflettano le sfide e le opportunità specifiche di un'azienda geograficamente articolata.

Guardando al futuro, possiamo immaginare un'evoluzione ulteriore del concetto di organizzazione distribuita verso quello che potremmo definire un modello di organizzazione liquida. In questo scenario, i confini tra le sedi diventerebbero sempre più sfumati, con team che si formano e si sciolgono in base alle esigenze dei progetti, attingendo alle competenze migliori indipendentemente dalla loro localizzazione fisica.

L'intelligenza artificiale potrebbe assumere un ruolo sempre più attivo nella coordinazione e nell'ottimizzazione delle risorse distribuite, suggerendo le combinazioni di competenze più efficaci per ogni progetto e facilitando la collaborazione tra collaboratori che potrebbero non aver mai lavorato insieme prima.
La realtà aumentata e virtuale potrebbero evolvere al punto da creare spazi di lavoro immersivi che annullano completamente le distanze fisiche, permettendo interazioni che sembrano reali anche tra collaboratori situati agli antipodi del globo.

In questo futuro, le competenze dei collaboratori diventerebbero la vera "sede" dell'azienda, con una flessibilità totale sulla localizzazione fisica. L'organizzazione non sarebbe più definita da confini geografici, ma dalla sua capacità di orchestrare competenze e talenti distribuiti globalmente in configurazioni sempre nuove e ottimali.