Green Pass e privacy: le aziende e il caos della raccolta dati
Negli ultimi giorni si sono succedute tutta una serie di norme con riferimento all'adozione del Green Pass obbligatorio nel mondo del lavoro. Di conseguenza, i datori di lavoro hanno avviato la grande corsa all'organizzazione della gestione del controllo del Green Pass rispetto alle prescrizioni normative. Premesso che la norma consente comunque un controllo a campione, la stessa esplicita che preferibilmente sarebbe opportuno controllare i dipendenti, laddove possibile, sin dall'accesso degli stessi al luogo di lavoro.
Green pass e privacy: i nodi da sciogliere
Ovviamente la tematica della privacy è quella che ha attirato particolare attenzione in considerazione della sensibilità dei dati che possono essere trattati ed in assenza di indicazioni esplicite da parte dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali. Un'assenza che pesa perché si può tranquillamente affermare che non tutto sia effettivamente chiaro e limpido per chi deve applicare la norma, in particolare nel definire le modalità di trattamento rispetto alla tutela ed alle indicazioni normative.
Molte aziende hanno cominciato ad affrontare il tema sotto il profilo privacy, ignorando completamente che l'aspetto primario da definire spetti a chi si occupa della sicurezza sui luoghi di lavoro e che sia necessario comprendere prima se, effettivamente, bisogna rilevare quotidianamente tutti i Green Pass dei dipendenti che accedono ai luoghi di lavoro o limitarsi al controllo a campione.
Secondariamente molte aziende puntano a poter raccogliere i dati relativi al Green Pass in modo da evitare di ripetere i controlli: questo non solo non è consentito dal legislatore, ma provocherebbe degli errori importanti in considerazione del fatto che il Green Pass può essere revocato e può subire comunque delle variazioni e quindi, oltre a porre in essere una violazione rilevante ai fini della privacy, si vanificherebbe completamente l'intento del legislatore e della ratio della norma che intende monitorare quotidianamente la validità della certificazione stessa.
Green pass e domande più frequenti: cosa non può fare il datore di lavoro
Come accennavo precedentemente, si rimane abbastanza perplessi. All’emanazione della norma dovrebbe corrispondere almeno la pubblicazione di FAQ in grado di rispondere alle domande più frequenti che, come consulenti, vediamo fioccare dai datori di lavoro: è possibile fare una copia del Green Pass? Posso predisporre un registro che contenga la data di scadenza delle certificazioni dei miei dipendenti? Posso fare una lista dei dipendenti vaccinati? Se chiedo il consenso al dipendente per poter conservare il dato relativo alla vaccinazione posso comunque registrarlo?
Fughiamo subito tutti i dubbi: la risposta a fattor comune a queste domande è “no”, non si può fare niente di tutto ciò. Ma il fatto che tali quesiti attanaglino i datori di lavoro la dice lunga sulle difficoltà che gli stessi stiano affrontando.
Per quelle realtà che hanno il data protection officier si presume che vi sia una assistenza competente in grado di direzionare nel migliore dei modi le scelte, una volta determinato da chi si occupa di sicurezza come adempiere all’obbligo normativo.
Ma per la maggioranza delle piccole e medie imprese alcune tematiche restano totalmente non gestite. E ciò genererà l’ennesima confusione ed addosserà alla privacy le “solite vecchie colpe” per l’impossibilità di gestire in modo fluido il tutto. Ecco, questi sono gli incidenti di percorso che dovremmo prevenire ed evitare passando attraverso la trasparenza e la comunicazione che – per quanto riguarda il tema del trattamento dati connesso al Green Pass - sembrano essere state alquanto trascurate.