È obbligatoria l’adesione agli enti bilaterali? Facciamo chiarezza
Con l’ultimo rinnovo del CCNL Studi Professionali, la cui Ipotesi di rinnovo è stata firmata il 16/02/2024, entrato ufficialmente in vigore il 01/03, si rileva un importante rafforzamento del welfare di natura contrattuale.
La novità più significativa riguarda l’aggiornamento al rialzo delle quote di contribuzione spettanti agli organismi bilaterali E.BI.PRO. e CADIPROF, ma cosa bisogna sapere sulla questione della obbligatorietà o facoltatività di adesione e contribuzione agli enti bilaterali?
Nel CCNL si lascia implicitamente margine a una soluzione che propende verso la facoltà di imboccare la “strada alternativa” della indennità sostitutiva EAR e della prestazione equivalente, il tema è però più complesso.
Nell'ambito del settore economico degli studi e attività professionali, le parti sociali comparativamente più rappresentative dei datori di lavoro e dei dipendenti Confprofessioni, Filcams-CGIL, Fisascat-CISL e UILTuCS hanno nel tempo dato forma a diversi strumenti di tutela in campo sanitario, assistenziale, di conciliazione vita-lavoro, che integrassero i trattamenti salariali e assolvessero al compito affidato dalla Costituzione ai privati, riuniti in associazioni e corpi intermedi, per lo svolgimento di attività di interesse generale nel rispetto del principio di sussidiarietà orizzontale (art. 118, Cost.).
Tali strumenti sono gli organismi E.BI.PRO. e CADIPROF, costituiti nella forma civilistica di "associazioni non riconosciute" senza scopo di lucro bilateralmente governate e amministrate dalle parti sociali firmatarie del CCNL che le ha istituite nella parte dedicata al welfare (Titolo IV, Parte II). Questi Enti sono le strutture chiamate a erogare quelle tutele individuate dalla contrattazione collettiva, a fronte di un finanziamento da parte delle aziende aderenti, che nel corso dei vari rinnovi del CCNL è stato rivisto, potenziato e semplificato per perseguire di più e meglio l’obiettivo statutario della protezione sociale dei lavoratori degli studi professionali.
Un importante rafforzamento del welfare di natura contrattuale è stato introdotto in occasione dell’ultimo rinnovo del CCNL Studi Professionali intervenuto il 16/02/2024 con la sottoscrizione della Ipotesi di rinnovo che è entrata ufficialmente in vigore il 01/03/2024.
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Scopri di piùContribuzione alla bilateralità: cosa cambia e cosa rimane con il nuovo CCNL?
La più significativa novità apportata dall’aggiornamento del Contratto Collettivo Nazionale in tema di welfare contrattuale riguarda l’aggiornamento al rialzo delle quote di contribuzione spettanti agli organismi bilaterali E.BI.PRO. e CADIPROF.
Secondo il tradizionale sillogismo gestionale, gli enti bilaterali sono basati su un meccanismo di “mutualità a ripartizione” per il quale il diritto alle prestazioni di welfare è subordinato alla costituzione di un montante contributivo sufficiente per l’erogazione delle misure individuate dalle proprie Assemblee dei Soci.
L’intesa di rinnovo dispone all’art. 13 un aumento delle risorse economiche che gli studi professionali aderenti dovranno conferire secondo questa aggiornata ripartizione:
Le ragioni dell’aumento della quota di contribuzione (per dipendente) del sistema bilaterale trovano giustificazione nella rilevanza strategica degli interventi posti in essere negli anni a favore di tutti coloro che operano nelle strutture professionali (dipendenti, professionisti titolari, soci, apprendisti e facoltativamente anche i co.co.co., tirocinanti e praticanti), spingendo le parti firmatarie del CCNL all’avvio di un processo di rafforzamento e razionalizzazione del welfare contrattuale.
Nulla cambia per ciò che riguarda le modalità squisitamente operative rivolte agli addetti ai lavori (consulenti del lavoro, servizi paghe, commercialisti, ecc…) in relazione al versamento delle quote di contribuzione nonché alla esazione di queste. Sotto questo profilo, si ricorda per completezza di informazione, che nel corso del tempo sono state stipulate delle convenzioni con l’INPS (Cfr. Circ. n.71/2006, Circ. n. 39/2011, Mess. n. 6579/2015) per la riscossione dei contributi da destinare al finanziamento degli organismi bilaterali del settore ove si stabilisce, in un’ottica di semplificazione, un univoco codice da indicare in Modello F24 con causale “ASSP” (in sezione Inps) valido per entrambi gli enti. Rimane la stessa CADIPROF a compiere una divisione interna delle risorse riscosse anche per conto E.BI.PRO. come stabilito dall’allegato al CCNL in materia di governance della bilateralità.
Per ulteriori aspetti tecnici, sono in fase di ammodernamento i Regolamenti amministrativi di cui si doteranno la CADIPROF e l’E.BI.PRO. che, non appena deliberati dai rispettivi comitati esecutivi, verranno opportunamente resi pubblici sui singoli siti.
EAR e diritto retributivo al trattamento equipollente alla prestazione bilaterale
In tema di iscrizione agli enti bilaterali, l’articolo 13 del CCNL Studi Professionali ricorda che "sono tenuti a contribuire al finanziamento di E.BI.PRO. e CADIPROF tutti i soggetti ricompresi nella sfera di applicazione prevista dal presente contratto collettivo" e che "Nella medesima contribuzione sono ricomprese le forme di assistenza a favore di tutti coloro che operano all'interno dello studio professionale: datori di lavoro, collaboratori e lavoratori".
Sulla questione della obbligatorietà o facoltatività di adesione e contribuzione agli enti bilaterali, il testo dell’articolo lascia implicitamente margine a una soluzione che propende verso la facoltà di imboccare la “strada alternativa” della indennità sostitutiva EAR e della prestazione equivalente.
In realtà il tema è più complesso di come lo si presenta tant’è vero che negli anni si sono avvicendate diverse sentenze giurisprudenziali (Sentenza n. 437/2023, Tribunale di Milano; Sentenza n. 243/2018, Tribunale di Verona; Sentenza n. 5785/2014, Tribunale di Bergamo), le quali hanno sempre dato enfasi alle prestazioni che questa tipologia di associazioni eroga e che assumono la qualità di una vera e propria componente indiretta della retribuzione globale del lavoratore.
Orbene, anche in sede di ultimo rinnovo contrattuale del CCNL Studi Professionali, le parti sociali hanno confermato il diritto retributivo alla prestazione bilaterale come surrogato di un’effettiva adesione e contribuzione al sistema bilaterale, formalizzando uno schema privatistico di automaticità delle prestazioni (Faioli M., Gli Enti bilaterali tra obbligo e libertà nel sistema normativo italiano, Fondazione Giacomo Brodolini, 2018) al settimo comma del nuovo articolo 13.
Questo schema troverebbe efficacia nella circostanza contrapposta all’adesione agli enti bilaterali che lo stesso articolo 13 prevede nel rispetto della libertà sindacale negativa del datore di lavoro non vincolato, per effetto di una iscrizione ad una delle associazioni datoriali di categoria firmatarie all’applicazione della parte cd. “obbligatoria” del CCNL.
Nella ipotesi, quindi, di mancata adesione alla bilateralità E.BI.PRO. / CADIPROF e di omesso versamento del relativo contributo, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore un importo pari ad euro 43 (quarantatré) per 14 mensilità. Tale importo dovrà essere erogato in busta paga con cadenza mensile e costituisce un Elemento Aggiuntivo della Retribuzione (EAR), non assorbibile, che incide su tutti gli istituti retributivi di legge e contrattuali, compresi quelli indiretti o differiti, incluso il trattamento di fine rapporto. Peraltro, i quarantatré di EAR sostitutivi della contribuzione alla bilateralità sono fissi, dunque, non riproporzionabili a seconda dell’inquadramento professionale del lavoratore o del tempo di assunzione.
In aggiunta all’EAR, le parti sociali hanno esplicitato come sempre il datore di lavoro sia obbligato al rimborso del costo della prestazione in misura equivalente al valore della prestazione cui il lavoratore avrebbe avuto diritto nell’ipotesi di adesione al sistema della bilateralità.
Risvolti giuridici e amministrativi
Il contratto collettivo nazionale degli studi professionali qualifica, pertanto, sia la contribuzione al sistema bilaterale sia l’EAR e la prestazione equipollente, come un inviolabile diritto retributivo contrattuale del lavoratore annoverabile tra i compensi che trovano fondamento giuridico nel contratto di lavoro (art. 1325, n. 3, c.c. e art. 2094 c.c.). Convenendo su questa linea, è intervenuto nel 2010 il Ministero del Lavoro con la nota circolare numero 43 nella quale il dicastero ha posto l’attenzione sulla prestazione bilaterale, e chiarito che nell’ipotesi in cui il contratto collettivo di lavoro disponga "l’obbligatorietà della tutela - ovvero del versamento a favore del prestatore di lavoro di una somma forfettaria o anche della erogazione diretta, da parte del datore di lavoro, di prestazioni equivalenti a quelle della bilateralità", il diritto della prestazione bilaterale andrà correttamente riferito alla parte economico-normativa, valida erga omnes, del contratto collettivo "avendo efficacia sul contenuto delle situazioni di diritto che regolano il rapporto individuale di lavoro tra l'impresa - o, più in generale, il datore di lavoro (si pensi agli studi professionali) - e ciascuno dei propri dipendenti".
Sono numerosi, poi, i contributi provenienti dalla dottrina giuslavoristica che concorrono ad avvalorare questo orientamento, come nel recente caso di Angelo Pandolfo, professore ordinario di Diritto del lavoro e della previdenza sociale presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma La Sapienza, concorde sul punto che dagli adempimenti dell’articolo 13 "non ci si può liberare invocando l’appartenenza degli stessi alla parte obbligatoria del CCNL, trattandosi di previsioni direttamente riguardanti il rapporto datore di lavoro/lavoratori" (A. Pandolfo, La bilateralità delle tutele, Il Libero Professionista RELOADED, 2024).
Il datore di lavoro, dunque, per quanto libero di non aderire agli enti bilaterali istituti dalla contrattazione nell’esercizio della libertà sindacale costituzionalmente tutelata ex art. 39 Cost, non può comunque sottrarsi all’obbligo di riconoscere al lavoratore una indennità sostitutiva, in quanto la mancata adesione e in particolare il mancato versamento dei contributi agli enti bilaterali, si tradurrebbe in minori prestazioni e, dunque, in uno svantaggio economico per il lavoratore non iscritto (C. Catalano, Bilateralità e artigianato: omissione contributiva e regime sanzionatorio nella recente giurisprudenza, Bollettino ADAPT, 2023).
In definitiva, il diritto di ricevere le prestazioni bilaterali della CADIPROF e dell’E.BI.PRO. appartiene alla sfera giuridica individuale di ciascun lavoratore assoggettato alla disciplina del CCNL Studi Professionali, in stretta connessione con il rapporto di lavoro dipendente, a nulla rilevando il fatto che l’erogatore materiale della prestazione sia il datore di lavoro o l’ente bilaterale, essendo una mera modalità organizzativa (AA.VV., Fringe e flexible benefit, piani di welfare aziendale, Wolters Kluwer, 2022).
Infine, il mancato rispetto anche del diritto retributivo al trattamento equipollente alla prestazione bilaterale di cui all’articolo 13, rientra fra le irregolarità (Cfr. Sentenza n. 2778 del 21 marzo 2024 del Consiglio di Stato) in materia di lavoro sanzionabili dalle autorità territoriali competenti in fase di controlli ispettivi. Gli ispettori avranno, infatti, il potere di disposizione di adottare un provvedimento amministrativo finalizzato alla eliminazione delle irregolarità riscontrate da parte del datore di lavoro, in difetto della quale, si procederà alla irrogazione di una sanzione amministrativa ex. art. 14, d.lgs. 124/2004 e s.m.i.;
Conclusioni
Sulla scorta di quanto analizzato finora, si possono trarre tre conclusioni di massima che consentono di rispondere all’interrogativo posto a titolo del presente articolo.
La prima osservazione e di tipo interpretativo.
Non sussiste, né in generale né nel particolare del settore degli studi professionali, una effettiva obbligazione di adesione e iscrizione agli enti bilaterali gravante sul datore di lavoro e sul dipendente a patto che entrambi non siano iscritti ai sindacati di categoria firmatari del CCNL.
Per le realtà “non sindacalizzate” si rileva, piuttosto, un obbligo, in capo al datore di lavoro, di assicurare la prestazione che il welfare bilaterale eroga optando: per la via dell’adesione e completa delega agli enti bilaterali della gestione ed erogazione delle prestazioni di welfare a fronte di una contribuzione (vedi secondo paragrafo); oppure scegliendo di sobbarcarsi internamente di tale adempimento sia somministrando una indennità sostitutiva (EAR) che rimborsando direttamente al dipendente la prestazione richiesta in misura equivalente di quanto avrebbero corrisposto gli enti bilaterali.
La seconda valutazione è schiettamente opportunistica.
Per quanto non ci sia un vincolo esplicito, è lampante il vantaggio conseguibile dall’impresa, tramite l’adesione alla bilateralità, in termini di ricadute economiche, fiscali (oltre a godere di regimi fiscali e previdenziali “di favore”, i contributi agli enti bilaterali e fondi sanitari come E.BI.PRO. e CADIPROF sono integralmente deducibili dal reddito di impresa) e, soprattutto, gestionali rispetto alla non iscrizione ad essa. Basta fare un raffronto tra cifre (Contribuzione vs EAR) e stimare il fabbisogno medio annuo di un lavoratore in campo sanitario, scolastico, sportivo, formativo, ecc…, che il datore di lavoro dovrebbe coprire “di tasca propria” per non violare il diritto retributivo della prestazione bilaterale (vedi paragrafi precedenti).
Un’ultima conclusione è di carattere strategico.
Anni di grande fragilità ed incertezza sul proprio futuro, stanno innescando nelle persone un ripensamento delle priorità di vita e percezione del proprio lavoro, il quale, pur rimanendo il principale canale di sostentamento viene adesso rimodulato e fuso con nuove esigenze di flessibilità, di benessere e di gratificazione. Esigenze queste che, se prima erano appannaggio dei ruoli apicali, oggi, con una concorrenza galoppante, devono riguardare l’intera forza di lavoro e non possono più essere confinate alle sole realtà che, giocando su economie di scala, possono personalizzare il paniere di servizi a disposizione del personale. Il welfare ha di per sé una finalità solidaristica, e consente di remunerare e proteggere i lavoratori in maniera nuova e più efficace, aumentando l’attraction, l’engagement e la retention. Il discorso assume ancor più valore se declinato al settore delle attività professionali che, seppur interessato da un processo di aggregazione, è ancor’oggi costellato da nuclei di piccole o piccolissime dimensioni con al più una o due persone impiegate a supporto del professionista o dei soci dello studio. In questo nuovo paradigma il welfare contrattuale può svolgere il ruolo dell’ago della bilancia nel contemperare i fabbisogni del lavoratore e le esigenze di finanziarie dei professionisti datori di lavoro, e per supportare quella valorizzazione delle risorse umane in termini di gratificazione ed employer-branding che non può esimere le piccole e medie imprese quali gli studi professionali.